Commissione. Tributaria Regionale Lazio Roma Sez. II Sentenza 14/1/2021 n 146


Svolgimento del processo

L’Agente della riscossione aveva emesso, nei confronti del Sig. XXX, l’intimazione di pagamento indicata in epigrafe, concernente sei cartelle di pagamento, relative a crediti di varia natura. L’interessato aveva impugnato tale intimazione, limitatamente alle cartelle concernenti crediti di natura tributaria. 

In proposito, aveva eccepito: 

1) infondatezza della pretesa creditoria per intervenuta prescrizione e decadenza dell’amministrazione finanziaria dal diritto al recupero dell’imposta; 

2) nullità dell’intimazione per inesistenza delle cartelle di pagamento sottese; 

3) nullità dell’intimazione per omessa notifica delle cartelle sottese; 

4) carenza di motivazione dell’atto impugnato, mancanza degli elementi essenziali ed omessa allegazione dei documenti giustificativi; 

5) violazione dello statuto del contribuente; 

6) nullità dell’intimazione per incertezza delle somme e omessa indicazione della base di calcolo degli interessi, illegittima applicazione degli interessi sugli interessi e sulle sanzioni.

L’Equitalia Servizi di riscossione spa, (oggi Agenzia delle Entrate-Riscossione) non si era costituita in giudizio; in data 25 luglio 2016, si era costituiva in giudizio l’A. Spa, chiedendo il rigetto del ricorso. Successivamente, in data 8 novembre 2017, il ricorrente aveva depositato memorie, ex art. 32 D.Lgs. n. 546 del 1992, con le quali aveva controdedotto alle eccezioni della resistente, provvedendo al disconoscimento, ex art. 2719 c.c., della documentazione prodotta in copia. All’udienza del 23 novembre 2017, fissata per la trattazione della causa, il ricorrente aveva appreso che Roma Capitale aveva provveduto ad una formale in data 30 ottobre 2017 e, successivamente, in data 8 novembre 2017, aveva depositato ulteriori memorie allegando documentazione. 

Rilevata l’avvenuta notifica a mezzo PEC del ricorso, con ordinanza in data 25 maggio 2018 la Commissione aveva disposto la rinnovazione della notifica nei confronti dell’Agente della riscossione, in quanto non costituito. Adempiuto tal incombente istruttorio, era stata fissata l’udienza di trattazione per il giorno 13 dicembre 2018. L’Agente della riscossione spa era rimasto contumace. All’esito del giudizio di primo grado, la Commissione tributaria provinciale aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva di Roma Capitale e di A. spa ed aveva rigettato il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, “compensando integralmente le spese di lite tra il ricorrente, il Comune di Roma Capitale e l’A. spa.” 

Il Sig. XX ha impugnato la sentenza di prime cure, per i seguenti motivi. 

In primo luogo, ha eccepito l’erroneità della sentenza, perché fondata su documenti tardivamente prodotti in giudizio da Roma Capitale. In proposito, ha osservato che “avendo Roma Capitale ricevuto correttamente la notifica (…) avrebbe dovuto fare le proprie produzioni documentali nei termini di cui all’art. 32 D.Lgs. n. 546 del 1992, non potendosi considerare tempestivo il deposito perché l’udienza è stata rinviata per nullità della notifica nei confronti di uno solo dei resistenti”. Pertanto, considerato che l’udienza di trattazione era stata fissata per il giorno 23 novembre 2017, ne sarebbe conseguita l’intempestività della produzione documentale, avvenuta solo in data 8 novembre 2017. 

In secondo luogo, ha contestato l’utilizzabilità di tali documenti perché prodotti solo in copia. Al riguardo, ha ricordato che “alla prima difesa utile, ovvero con le memorie ex art. 32 D.Lgs. n. 546 del 1992, il ricorrente con l’operato disconoscimento eccepiva che alcun originale fosse mai effettivamente esistito, puntualmente negando qualsivoglia efficacia probatoria dei documenti in questione, (…)”. Inoltre, ha precisato che “tale disconoscimento è stato specifico, nella misura in cui è stato dedotto che le copie non si ritenevano corrispondenti ad alcun originale e, in ogni caso, non costituivano prova dell’esistenza dell’atto prodromico all’iscrizione a ruolo”. 

In terzo luogo, ha eccepito che “dai documenti irritualmente prodotti, (…), si evince come le notifiche sarebbero in ogni caso state effettuate in violazione della specifica normativa di settore”.

 In quarto luogo, ha contestato la mancata rilevazione della prescrizione dei crediti iscritti a ruolo. Infatti, “contrariamente a quanto asserito in sentenza, la TARI e la TARSU sono assoggettabili al termine di prescrizione quinquennale”. 

In quinto luogo, ha eccepito l’erroneità della pronuncia, nella parte in cui, dopo avere rilevato che una delle cartelle era stata già impugnata, ne aveva escluso la prescrizione quinquennale. 

In sesto luogo, ha ribadito l’eccezione di difetto di motivazione, per mancata indicazione della base di calcolo degli interessi. 

Infine, ha contestato la decisione sulla compensazione delle spese di lite. 

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione si è costituita in giudizio, soffermandosi, in particolare, sul quarto motivo di appello, concernente l’eccepita prescrizione e decadenza delle quattro cartelle sottese all’intimazione di pagamento. Preliminarmente, ha ricordato che i crediti erariali si prescrivono nel termine di dieci anni, ex art. 2946 c.c., a decorrere dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell’ultimo atto interruttivo rivolto al contribuente, perché essi non possono essere considerati “prestazioni periodiche”. In relazione all’asserita prescrizione del diritto alla riscossione di cui al credito riportato nell’atto impugnato, ha evidenziato che l’attività dell’Ente della riscossione deve ritenersi soggetta al termine ordinario di prescrizione previsto dall’art. 2946 c.c.. 

Infatti, ad avviso dell’Agenzia, “con la formazione del ruolo e con la notifica della conseguente cartella di pagamento (o di altro atto equiparato), in cui lo stesso si trasfonde, si determina un effetto novativo delle singole obbligazioni originariamente dovute a separate ragioni di credito e, a seguito della creazione del ruolo, inglobate in un unico credito, nell’ambito del quale non è più possibile scorporare le singole voci originarie”. Inoltre, ha sottolineato che “anche il rapporto primitivo tra ente creditore da un lato, e soggetto debitore dall’altro, viene sottoposto ad una novazione soggettiva, con l’ingresso dell’Ente della riscossione, quale soggetto avente diritto all’esecuzione del credito”. Pertanto, “a decorrere dalla notifica della cartella (o di altro atto equiparato) pertanto, non può più farsi riferimento ai singoli termini di prescrizione previsti per ciascuno dei crediti portati nel ruolo, con la decorrenza originariamente fissata dalla legge per tali crediti, bensì alla ordinaria prescrizione per l’unico credito pecuniario nel quale sono confluite le singole voci e con la unitaria decorrenza a far tempo dalla notifica della cartella (o di altro atto riscossivo equiparato)“. A sostegno di tale tesi interpretativa ha richiamato la disciplina di cui agli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112 del 1999, secondo cui l’azione di recupero dei crediti da parte dell’Agente della Riscossione è sempre soggetta alla prescrizione decennale, una volta che sia intervenuta la notifica della cartella di pagamento o di altro equivalente atto riscossivo. Inoltre, ha fatto riferimento al disposto dell’art. 1, comma 197, della L. n. 145 del 2018, il quale, nel disciplinare gli effetti sulla riscossione del nuovo istituto di definizione dei carichi pregressi (c.d. “saldo e stralcio”) introdotto nei precedenti commi 184 e segg., statuisce che l’attività di riscossione è soggetta al termine di prescrizione decennale. In proposito, ha richiamato giurisprudenza di merito. 

Motivi della decisione

1.Preliminarmente, il Collegio deve rilevare che, nel corso del giudizio, è intervenuto un provvedimento normativo di “stralcio dei debiti fino a mille Euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010“. In particolare, l’art. 4, comma 1, del D.L. n. 119 del 23 ottobre 2018 dispone che “I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille Euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati. L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili“. 

In proposito, devono essere risolte due distinte questioni. In primo luogo, occorre verificare se nella fattispecie astratta rientrano anche le cartelle di importo superiore alla soglia fissata dalla legge, nel caso in cui i singoli carichi fiscali siano di importo inferiore ad Euro 1.000,00; in secondo luogo, è necessario appurare se l’annullamento dei debiti possa essere rilevata d’ufficio dal giudice. 

1.1. Con riferimento al primo tema, il Collegio ritiene di dover aderire all’orientamento della Suprema Corte secondo cui “la norma si applica ai debiti erariali risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 10 gennaio 2000 ai 31 dicembre 2010”. (Cass. civ. Sez. III Ord., 21 gennaio 2020, n. 1151). Tale impostazione ha trovato ulteriori conferme. Infatti, è stato precisato che “In tema di definizione agevolata delle controversie mediante cd. “pace fiscale”, ai fini dell’annullamento, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.L. n. 119 del 2018, conv., con modif, in L. n. 136 del 2018, dei debiti tributari la cui riscossione sia stata affidata agli agenti di riscossione nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010, il limite di mille Euro di valore del debito è riferito al “singolo carico affidato”, per tale dovendo intendersi la singola partita di ruolo, e cioè l’insieme dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi accessori, sicché vi rientrano le cartelle anche di importo complessivo superiore a detto valore, il cui singolo carico affidato all’agente della riscossione non superi l’importo di mille Euro, costituendo oggetto del condono il singolo debito e non l’importo complessivo della cartella”. (Cass. civ. Sez. V Ord., 18 giugno 2020, n. 11817). Secondo una successiva pronuncia, “In tema di stralcio dei debiti tributari, è annullata automaticamente la cartella di pagamento i cui singoli carichi fiscali siano di importo non superiore ad Euro 1.000,00. Di conseguenza, anche se l’importo complessivo portato dalla cartella risulti superiore a tale limite, l’annullamento sarà automatico a condizione che il singolo carico non superi la soglia prevista”. (Cass. civ. Sez. V, 13 ottobre 2020, n. 22018). 

1.2. Con riferimento alla seconda questione, è stato affermato che “l’annullamento ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.L. n. 119 del 2018, conv., con modif. in L. n. 136 del 2018, dei debiti tributari inferiori ai mille Euro, la cui riscossione sia stata affidata agli agenti di riscossione nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010, opera automaticamente “ipso iure” in presenza dei presupposti di legge e, con riferimento ai debiti litigiosi, determina l’estinzione del processo per cessata materia del contendere, senza che assuma rilievo la mancata adozione del provvedimento di sgravio, trattandosi di atto dovuto meramente dichiarativo, previsto solo per consentire i necessari adempimenti tecnici e contabili nell’ambito dei rapporti tra agenti di riscossione ed enti impostori”. (Cass. civ. Sez. V Ord., 7 giugno 2019, n. 15471). 

  1. Nel caso di specie, l’intimazione di pagamento concerne sei cartelle di pagamento, di cui quattro emesse in relazione al mancato pagamento di debiti tributari. Le cartelle n. (…), n. (…) e n. (…) sono riferite a carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2010 e, pertanto, sono annullate ipso iure essendo il singolo debito inferiore a Euro 1000. Ne consegue che, rispetto ad esse, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere. La cartella n. , invece, concerne la tassa per lo smaltimento dei rifiuti iscritta a ruolo nell’anno 2011. Pertanto, non rientra nell’ambito di applicazione della predetta norma sullo stralcio dei debiti. Tuttavia, il relativo debito risulta prescritto. In proposito, l’appellante ha formulato una specifica eccezione, alla quale si è opposto l’Agente della Riscossione, sostenendo la tesi della prescrizione decennale dei crediti risultanti da cartelle esattoriali. In realtà, tale impostazione non può essere seguita, atteso che il tributo locale è soggetto al termine di prescrizione breve. In tale senso, anche se con riferimento alla Tarsu, si è espressa la giurisprudenza amministrativa, secondo cui “La tarsu (tariffa rifiuti urbani) è un tributo locale che si struttura come prestazione periodica, con connotati di autonomia nell’ambito di una “causa debendi” di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. Essa, quindi, va considerata come obbligazione periodica o di durata ed è sottoposta alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c..”. (T.A.R. Trentino-Alto Adige Trento, Sez. Unica, 28 maggio 2014, n. 212). 
  2. All’esito della precedente ricostruzione della controversia, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere per le tre cartelle indicate in motivazione ed accolto l’appello per la restante cartella. Considerato l’annullamento ope legis della maggior parte delle cartelle impugnate, il Collegio ritiene sussistenti validi motivi per disporre la compensazione delle spese. 

P.Q.M.

La Commissione dichiara l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere ex D.L. n. 119 del 2018 per le cartelle riguardanti i crediti iscritti a ruolo negli anni 2003 e 2009 e 2014. Accoglie l’appello del contribuente relativamente alla cartella residua per carichi iscritti a ruolo nel 2011. Compensa le spese. 

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.


COMMENTOLa sentenza in oggetto si pone sulla scia ormai consolidata dalla giurisprudenza di legittimità di ritenere la prescrizione dei tributi locali quinquennale. Conforme a tale orientamento possiamo indicare anche la giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Trentino-Alto Adige Trento, Sez. Unica, 28 maggio 2014, n. 212), secondo cui “La tarsu (tariffa rifiuti urbani) è un tributo locale che si struttura come prestazione periodica, con connotati di autonomia nell’ambito di una “causa debendi” di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. Essa, quindi, va considerata come obbligazione periodica o di durata ed è sottoposta alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c..”.