T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, sent. 02 febbraio 2024, n. 417


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1480 del 2022, proposto da O.M., rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

E.P.D., rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio … in …, Via …;

nei confronti

Comune di Belpasso, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

  1. a) del provvedimento del Parco dell’Etna n. 281 in data 8 luglio 2022; b) ove occorra, del preavviso di diniego n. 6669/2007 in data 1 ottobre 2007; c) della direttiva del Presidente n. 114/Gr.1 in data 24 giugno 1996; d) dei pareri del Comitato Tecnico Scientifico n. 10/97 del 28 febbraio 1997 e n. 9/2001 del 20 febbraio 2001; e) della circolare del Direttore del Parco dell’Etna n. 7049/03 in data 3 ottobre 2003; f) del provvedimento di perimetrazione e zonizzazione del territorio del Parco dell’Etna.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2024 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente ha impugnato: a) il provvedimento del Parco dell’Etna n. 281 in data 8 luglio 2022; b) ove occorra, il preavviso di diniego n. 6669/2007 in data 1 ottobre 2007; c) la direttiva del Presidente n. 114/Gr.1 in data 24 giugno 1996; d) i pareri del Comitato Tecnico Scientifico n. 10/97 del 28 febbraio 1997 e n. 9/2001 del 20 febbraio 2001; e) la circolare del Direttore del Parco dell’Etna n. 7049/03 in data 3 ottobre 2003; f) il provvedimento di perimetrazione e zonizzazione del territorio del Parco dell’Etna.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) il ricorrente è proprietario di un immobile sito …, distinto in catasto al foglio (…), particelle (…) (ex (…)-(…)) e (…) (ex (…)), ricadente all’interno del perimetro della zona … pedemontana del …; b) in data 9 novembre 1988 il Distaccamento Forestale di …i ha accertato l’edificazione abusiva per essere stata la costruzione realizzata in area sottoposta a vincolo panoramico-paesaggistico; c) in particolare, è stata accertata la realizzazione di una base in calcestruzzo di metri quadri 110, una costruzione con sei pilastri in cemento armati, una soletta di cemento armato, un tetto a due spioventi ricoperto di tegole e tamponamento in blocchi di cemento e messa in opera di infissi, per un’altezza massima di metri 7,00 circa, il tutto allo stato grezzo e per una superficie di metri quadri 55,00 circa; d) la costruzione era stata realizzata per uso deposito di frutta e attrezzi di lavoro, nonché come riparo in caso di pioggia, come dichiarato dall’interessato ai verbalizzanti; e) la costruzione era stata iniziata in data 15 marzo 1985 ed era stata ultimata nelle strutture essenziali nel mese di ottobre 1988; e) il Comune ha, quindi, adottato l’ordine di demolizione n. 71 del 6 dicembre 1988 e il ricorrente ha presentato domanda di condono ai sensi dall’art. 1 del D.L. n. 649 del 1994, richiedendo, altresì, in data 5 aprile 2007 il relativo nulla-osta all’E.P.D., il quale, con nota n. 6669/2007 in data 1 ottobre 2007 ha comunicato il preavviso di diniego, ritenendo che: – la destinazione d’uso fosse a civile abitazione; – l’abuso era posteriore alla pubblicazione del decreto istitutivo del Parco dell’Etna (decreto n. 37 in data 17 marzo 1987); f) il ricorrente ha chiesto il riesame della questione in data 21 dicembre 2012, osservando che l’immobile era stato sempre utilizzato come deposito; g) nell’anno 2021 l’interessato ha compulsato l’Amministrazione per conoscere lo stato del procedimento e l’Ente Parco ha comunicato di essere in possesso della documentazione tecnica già trasmessa, sicché il ricorrente ha provveduto all’integrazione documentale; h) con il provvedimento in questa sede impugnato l’Amministrazione ha negato il nulla-osta, avuto riguardo all’epoca di realizzazione dell’abuso e alla destinazione d’uso del fabbricato.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l’Ente Parco ha denegato il nulla-osta ritenendo erroneamente che l’immobile fosse destinato a per civile abitazione, mentre è sempre stato utilizzato come deposito, come risulta dal verbale dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste, nonché dalle dimensioni e dallo stato del fabbricato; b) l’Amministrazione assume che con la nota n. 5707 del 27 settembre 2021 sarebbe stato richiesto un mutamento di destinazione, ma con tale nota sono stati semplicemente trasmessi documenti tecnici, dai quali, peraltro, si evince la destinazione a deposito; c) solo per errore del tecnico incaricato di predisporre la domanda di condono si era fatto riferimento all’uso per civile abitazione; d) il Comune di … ha sin dall’inizio istruito la pratica come avente ad oggetto un manufatto ad uso deposito; e) tra l’altro, non può condividersi la tesi secondo cui nel corso di una procedura di condono non sia consentito un cambio di destinazione d’uso, giacché sono soltanto preclusi interventi modificativi della consistenza materiale del manufatto, atteso che la normativa sul condono edilizio postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, nuove opere, ad eccezione di quelle dirette a garantirne l’integrità e la conservazione; f) per la destinazione a deposito è consentita la sanatoria, ai sensi del punto 4.1.1, lettera c, dell’allegato A, parte III, del D.P.R.S. n. 37 in data 17 marzo 1987, anche all’interno della zona C del Parco; g) l’Amministrazione ha anche affermato che il fabbricato sarebbe stato realizzato in epoca posteriore alla data di imposizione del vincolo, ma al riguardo occorre osservare il Parco è stato istituito solo con il citato D.P.R.S. n. 37 in data 17 marzo 1987; h) in base all’art. 24 della L.R. n. 37 del 1985 il rilascio della sanatoria è subordinato al nulla-osta rilasciato ai dell’art. 24, quinto comma, della L.R. n. 14 del 1988 e, ai sensi dell’art. 5, terzo comma, della L.R. n. 17 del 1994, il nulla-osta è richiesto anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all’ultimazione dell’opera (così come va richiesto nel caso in cui il vincolo sia anteriore: sul punto, cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, parere n. 291/10 in data 31 gennaio 2012); i) ad ogni buon conto, il fabbricato è stato realizzato prima dell’istituzione del Parco, posto che i lavori sono iniziati nel mese di marzo 1985; l) il diniego appare illegittimo anche alla luce della declaratoria di incostituzionalità degli artt. 6, primo comma, e 28, primo e secondo comma, della L.R. n. 98 del 1981 (sentenza della Corte Costituzionale n. 212/2014), con riferimento alla mancata partecipazione dei Comuni interessati al procedimento di perimetrazione e zonizzazione del territorio facente parte del Parco dell’Etna; m) tale circostanza, invero, determina l’insussistenza dei vincoli previsti dalla originaria perimetrazione; n) l’art. 24, quinto comma, della L.R. n. 14 del 1988, inoltre, prevede espressamente il previo parere vincolante dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste; o) be consegue che l’Ente Parco non poteva provvedere se non dopo aver richiesto il parere al Corpo Forestale.

L’E.P.D., costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi, quanto segue: a) l’immobile in questione – oltre a rientrare tra le tipologie ad uso residenziale e di civile abitazione, sia per la destinazione catastale A/7, sia per la tipologia di manufatto – non ritenersi rientra nella eccezione di cui alla citata lettera c dell’art. 4.1.1, poiché, oltre a non presentare le caratteristiche costruttive del deposito (con la precisazione che parte ricorrente non ha provato l’effettivo utilizzo a tale scopo), non è stato realizzato utilizzando tipologie del patrimonio edilizio rurale etneo; b) il provvedimento impugnato risulta ed è fondato su specifiche competenze tecniche che sono espressione di ampia discrezionalità; c) la motivazione dell’atto appare adeguata e il provvedimento non presenta alcun profilo di illogicità e di contraddittorietà, essendo state esplicitate le ragioni per cui l’opera abusiva non risultava compatibile con le esigenze di tutela del territorio etneo.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio osserva quanto segue.

Come affermato dalla giurisprudenza, non può essere concessa la sanatoria se il vincolo è stato apposto prima della presentazione della domanda di condono, in quanto, come è noto, l’illecito edilizio e paesaggistico presenta natura permanente.

E’ stato, altresì, affermato che anche nel caso di realizzazione dell’opera e di presentazione dell’istanza prima dell’imposizione del vincolo, l’Amministrazione deputata alla gestione e tutela del vincolo medesimo è comunque chiamata ad effettuare una valutazione sulla compatibilità – sebbene non sulla conformità – dell’intervento con il contenuto del vincolo.

Ad ogni buon conto, nel caso di specie la domanda è stata presentata quando il vincolo era già vigente, per cui l’istanza non poteva comunque trovare accoglimento, irrilevante la circostanza che si trattasse di deposito o di civile abitazione.

In particolare, con sentenza n. 725 in data 26 agosto 2013 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha chiarito che: a) in materia di abusi edilizi il termine temporale da assumere quale parametro per affermare la necessità della prescritta autorizzazione di compatibilità paesaggistica dell’opera abusiva da condonare va determinato non già dal momento nel quale l’opera è stata realizzata, bensì al momento nel quale la domanda di condono è stata presentata; b) ne discende che l’imposizione di un vincolo di inedificabilità successivo alla realizzazione dell’opera, ma anteriore alla data di presentazione della istanza di condono, giustifica la competenza della Soprintendenza ad esprimere il prescritto parere di compatibilità in ordine al pregiudizio arrecato dalla costruzione alle valenze ambientali e paesaggistiche tutelate attraverso l’imposizione del vincolo stesso.

Possono anche essere richiamati alcuni precedenti (T.A.R. Piemonte, Torino, II, 3 febbraio 2012, n. 143; T.A.R. Veneto, Venezia, II, 16 maggio 2022, n. 745; T.A.R. Veneto, Venezia, II, 17 settembre 2019, n. 991; T.A.R. Campania, Napoli, VII, 15 aprile 2019, n. 2132; Consiglio di Stato, VI, 2 novembre 2007, n. 5669; Consiglio di Stato, VI, 22 gennaio 2001, n. 181; Consiglio di Stato, V, 27 2000, n. 1761), con cui è stato chiarito che, anche nel caso in cui il vincolo sia successivo rispetto alla presentazione dell’istanza: a) la disamina amministrativa di una domanda di condono non può prescindere dai vincoli esistenti nel momento in cui la domanda stessa viene esaminata, ancorché essi siano stati introdotti in un momento successivo all’edificazione, pena, al contrario, la sostanziale inoperatività del vincolo medesimo e la compromissione in via definitiva di interessi pubblici di valore primario (culturali, ambientali, paesaggistici od altri) sottesi all’imposizione del vincolo; b) la verifica dell’anteriorità o meno dell’abuso rispetto alla data di imposizione del vincolo rileva sotto il diverso profilo che, ove si tratti di vincolo successivo, la valutazione da compiersi sarà non di conformità del manufatto abusivo al regime vincolistico, ma di compatibilità con lo stesso.

Come, poi, ribadito di recente dal T.A.R. Campania, Napoli, n. 5376/2023 in data 3 ottobre 2023, è consolidato l’orientamento (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. VI, 17 gennaio 2020, n. 425; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 12 ottobre 2020, n. 4388) secondo il quale, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d, della L. n. 326 del 2003, sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, siano essi di natura relativa o assoluta, purché ricorrano “congiuntamente” le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo; b) che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai n. 4, n. 5 e n. 6 dell’allegato 1 del D.L. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), senza quindi aumento di superficie; d) che vi sia il previo parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo; e) in assenza delle suddette condizioni, il provvedimento di condono non può essere adottato, anche se sia intervenuto il parere positivo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 12 ottobre 2020, n. 4388).

Va, altresì, osservato che le pronunce di incostituzionalità non riguardano i cosiddetti rapporti esauriti, sicché la perimetrazione originaria del Parco, in quanto non impugnata, risulta ormai definitivamente consolidata, restando ovviamente salvo il diritto dei Comuni interessati di conseguire una nuova perimetrazione nelle forme partecipative conformi a Costituzione.

Infine, nel caso in cui il preclusivo avviso dell’Ente Parco sia stato, come nella specie, legittimamente adottato, il parere dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste, a tacer d’altro, in alcun modo può positivamente influire in favore della parte privata, sicché sotto tale profilo la censura risulta, in primo luogo, inammissibile per carenza di interesse.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato, mentre, tenuto conto del complessivo svolgimento della vicenda, le spese di lite possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta e compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Conclusione

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:

Daniele Burzichelli, Presidente, Estensore

Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Consigliere

Emanuele Caminiti, Referendario


COMMENTO REDAZIONALE: Ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d, della L. n. 326 del 2003, sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, siano essi di natura relativa o assoluta, purché ricorrano “congiuntamente” le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo; b) che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai n. 4, n. 5 e n. 6 dell’allegato 1 del D.L. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), senza quindi aumento di superficie; d) che vi sia il previo parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo; e) in assenza delle suddette condizioni, il provvedimento di condono non può essere adottato, anche se sia intervenuto il parere positivo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.