Il sequestro conservativo costituisce un istituto solo richiamato dal Codice civile (artt. 2905-2906 c.c.) e compiutamente disciplinato, invece, dal Codice di procedura civile (art. 671 c.p.c.).

Lo scopo di tale istituto è quello di impedire al debitore atti di disposizione patrimoniale sui beni, rispetto ai quali il sequestro conservativo sia stato chiesto (in sede giudiziaria) ed ottenuto.

Mentre l’azione revocatoria agisce ex post, il sequestro conservativo consiste in una misura cautelare e preventiva, che il creditore può azionare quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito.

Costituisce uno strumento particolarmente efficace per quei beni (es.: beni mobili) che difficilmente possono essere suscettibili di azione revocatoria.

Il sequestro conservativo si attua nelle stesse forme del pignoramento, anche se diversi sono sia lo scopo (i.e. in quanto il sequestro costituisce una misura cautelare, il pignoramento una misura esecutiva), sia il titolo (poiché il sequestrante, a differenza del creditore che procede a pignoramento, non acquista ragioni di preferenza sul bene sequestrato).

Trattandosi di una misura cautelare, il sequestro conservativo è subordinato alla ricorrenza dei presupposti del fumus boni juris (inteso come parvenza di fondatezza, ad un esame sommario, del diritto di credito vantato dall’istante) e del periculum in mora (inteso come fondato timore del creditore di perdere la garanzia del proprio credito).

Analogamente all’azione revocatoria, e a differenza della surrogatoria, esso giova solo al creditore che lo richiede, e costituisce dunque un cd. “vincolo a porta chiusa”.

Anche sotto tale aspetto il sequestro conservativo si differenzia quindi dal pignoramento, il quale giova non solo al creditore pignorante, ma anche ai creditori che successivamente intervengono nell’esecuzione, e rappresenta quindi un “vincolo a porta aperta”.

Il sequestro conservativo ha infine fondamento e natura radicalmente diversi dal sequestro giudiziario (art. 670 c.p.c.), finalizzato a sottrarre al soggetto passivo la disponibilità materiale di una cosa, della quale siano controversi la proprietà o il possesso o che costituisca un mezzo di prova.