La cessione dei beni ai creditori è il contratto mediante il quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o soltanto alcune delle sue attività e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti (art. 1977 c.c.).

Esso, quindi, consiste in un accordo preordinato al soddisfacimento dei diritti del creditore, che tuttavia risulta vantaggioso anche per il debitore.

Mediante esso, infatti, i creditori ottengono più di quello che avrebbero realizzato, se vi fosse stata una procedura esecutiva (individuale o concorsuale), oltre ad abbreviare i tempi necessari per la realizzazione del proprio diritto, mentre il debitore ottiene il vantaggio di evitare un’esecuzione forzata.

Malgrado dall’art. 1977 c.c. sembri desumersi che i creditori abbiano un potere esclusivo di disporre dei beni ceduti, la dottrina prevalente nega che gli stessi siano titolari di un diritto reale, e li qualifica invece come meri affidatari dei beni, al fine di poter compiere le necessarie attività di liquidazione. Pertanto, il potere dispositivo del debitore diviene inefficace.

Il contratto di cessione dei beni ai creditori richiede la forma scritta a pena di nullità (art. 1978 c.c.).

Se ha ad oggetto beni immobili o mobili registrati, deve essere trascritto nei registri immobiliari per poter risultare opponibile a terzi (artt. 2649 e 2687 c.c.).

Esso produce effetti limitati ai soggetti che vi partecipano, ed in ciò si differenzia dalle procedure concorsuali.

Quando la cessione non è stata fatta nei confronti di tutti i creditori, coloro che non vi partecipano possono agire esecutivamente anche sui singoli beni ceduti, purché il loro credito sia anteriore alla cessione. I creditori cessionari, se la cessione ha avuto per oggetto solo alcune attività del debitore, non possono agire esecutivamente sulle altre attività prima di aver liquidato quelle cedute (art. 1980 c.c.).

I creditori devono ripartire tra loro le somme ricavate in proporzione dei rispettivi crediti, salve le cause di prelazione. Il residuo spetta al debitore (art. 1982 c.c.).

L’amministrazione dei beni ceduti e l’esercizio di tutte le azioni patrimoniali relative ai medesimi beni spetta in via esclusiva ai creditori cessionari (art. 1979 c.c.); tuttavia, il debitore conserva il diritto di controllare la gestione e di averne il rendiconto alla fine della liquidazione, o alla fine di ogni anno se la gestione dura più di un anno. Se è stato nominato un liquidatore, questi deve rendere il conto anche al debitore (art. 1983 c.c.).

Se non vi è patto contrario, il debitore è liberato verso i creditori solo dal giorno in cui essi ricevono la parte loro spettante sul ricavato della liquidazione, e nei limiti di quanto hanno ricevuto (art. 1984 c.c.).

Il debitore può recedere dal contratto offrendo il pagamento del capitale e degli interessi a coloro con i quali ha contrattato o che hanno aderito alla cessione. Il recesso ha effetto dal giorno del pagamento. Il debitore è tenuto al rimborso delle spese di gestione (art. 1985 c.c.).

La cessione può essere annullata  se il debitore, avendo dichiarato di cedere tutti i suoi beni, ha dissimulato parte notevole di essi, ovvero se ha occultato passività o ha simulato passività inesistenti. La cessione può inoltre essere risolta per inadempimento secondo le regole generali (art. 1986 c.c.).