L’art. 1406 c.c. stabilisce che ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite e purché l’altra parte vi consenta.

La cessione del contratto realizza quindi una forma complessa di successione a titolo particolare nell’insieme dei rapporti obbligatori nascenti da un contratto (cd. “rapporto contrattuale”).

Con essa, le parti realizzano il sub-ingresso di un nuovo soggetto nella posizione giuridica, attiva e passiva, di uno dei soggetti originari, dando vita (secondo quanto espresso dalla stessa Relazione al Codice civile) “ad una funzione economica importante, qual è quella di eliminare complicate e dispendiose rinnovazioni del contratto”.

Il rapporto contrattuale viene quindi investito nella propria interezza: un estraneo subentra nella qualità di “parte” di un contratto a prestazioni corrispettive, divenendo al tempo stesso debitore e creditore.

La cessione del contratto è quindi possibile unicamente nei contratti con prestazioni corrispettive, ossia in quei contratti nei quali ciascuna delle parti è contemporaneamente sia creditrice che debitrice. A tal proposito, la Relazione al Codice civile precisa che “… può essere ceduto soltanto un contratto con prestazioni corrispettive, in quanto solo rispetto a questo contratto si può avere il trasferimento di un complesso unitario costituito da diritti ed obblighi della parte cedente; nei contratti unilaterali si può trasmettere solamente la posizione di creditore o quella di debitore: in altri termini, si ricadrebbe, di volta in volta, nella cessione del credito, o nell’accollo di un debito …”.

Sotto il profilo temporale, la cessione di un contratto a prestazioni corrispettive è consentita solo fino a quando le relative prestazioni non siano state eseguite.

Diversamente, nel caso in cui una delle prestazioni sia già stata interamente eseguita, può realizzarsi soltanto la cessione del credito alla controprestazione o l’accollo del debito maturato in relazione alla prestazione già eseguita dall’altra parte.

Tuttavia, se il contratto è “di durata”, ossia ad esecuzione continuata o periodica, la cessione è possibile anche quando il contratto è già stato eseguito in parte, ed ha effetto unicamente  per la parte di esso non ancora eseguita. Si pensi, a titolo di esempio, ad un contratto di somministrazione, con il quale una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose (art. 1559 c.c.). In tal caso, anche se il contratto ha già avuto parziale esecuzione tra i contraenti originari, è comunque possibile la cessione, con riguardo alle prestazioni future non ancora eseguite (e ai corrispettivi di esse).

Ultima condizione necessaria per poter realizzare la cessione del contratto è infine il consenso dell’altra parte, ossia del contraente originario che non partecipa alla cessione.

La cessione del contratto realizza infatti anche una successione nel debito, per la quale è sempre necessario il consenso del creditore, dal momento che per quest’ultimo non è indifferente, in termini di garanzie di serietà e solvibilità, avere per debitore un soggetto piuttosto che un altro.

Secondo l’impostazione maggioritaria, la cessione del contratto costituisce quindi un vero e proprio contratto.

Si tratta, in particolare, di un accordo trilaterale, che si perfeziona con il consenso del cedente, del cessionario e del ceduto. Quest’ultimo può anche limitarsi ad aderire all’accordo già raggiunto dalle altre due parti.

Per ciò che concerne la forma della cessione, l’art. 1407 c.c. ammette che l’assenso del creditore ceduto possa essere anche preventivo.

Infatti, se una parte ha consentito preventivamente che l’altra sostituisca a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal momento in cui la cessione le è stata notificata o in cui essa l’ha accettata (art. 1407, comma 1, c.c.).

Non occorre notificazione, e deve ritenersi implicita l’accettazione del contraente ceduto, nel caso in cui tutti gli elementi del contratto da cedere risultino da un documento (cd. “stabilito” di contratto) e sia stata apposta sul documento stesso la clausola “all’ordine” o altra equivalente: in tal caso, la cessione acquista effetto con la sola “girata” (art. 2011 c.c.) del documento, la quale produce pertanto, di per se stessa, i medesimi effetti della notificazione e, quindi, la sostituzione del giratario nella posizione attiva e passiva del girante (art. 1407, comma 2, c.c.).

Per effetto della cessione, il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto, dal momento in cui la sostituzione diviene efficace nei confronti di questo (art. 1408, comma 1, c.c.). Non è quindi necessaria un’espressa dichiarazione di liberazione del cedente, perché (secondo quanto argomentato dalla Relazione al Codice civile) “consentire la cessione importa … liberazione del proprio contraente”.

Occorre, invece, una riserva espressa affinché, nonostante il consenso alla cessione, la liberazione non avvenga. Stabilisce infatti l’art. 1408, comma 2, c.c. che “Tuttavia il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare il cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte”.

In questo caso, il cedente diviene responsabile per l’eventuale inadempimento del cessionario, ma solo in via sussidiaria, ossia per l’ipotesi in cui il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.

Il contraente ceduto deve dare notizia al cedente dell’inadempimento del cessionario entro quindici giorni da quello in cui l’inadempimento si è verificato; in mancanza, pur conservando l’azione in via sussidiaria contro il cedente, è obbligato verso di lui al risarcimento del danno (art. 1408, comma 3, c.c.).

Il cessionario è sostituito nella posizione del cedente: di conseguenza, il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni (anche personali) derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti personali con il cedente e non dipendenti dal contratto, salvo che ne abbia fatta espressa riserva al momento in cui ha consentito alla sostituzione (art. 1409 c.c.).

Così, ad esempio, potranno essere opposte dal ceduto al cessionario eventuali eccezioni di inadempimento del cedente, di simulazione, di nullità o annullabilità del contratto, mentre non potrà essere opposta la compensazione con un credito che il ceduto vanti verso il cedente in base ad un diverso contratto.

Come nella fattispecie della cessione di credito (artt. 1260 e ss. c.c.), anche nell’ambito della cessione del contratto il cedente è tenuto a garantire l’esistenza di un contratto valido (cd. “nomen verum”).

Il cedente è quindi responsabile tutte le volte in cui il vincolo contrattuale venga meno per invalidità o inefficacia (nullità, annullabilità, rescissione, risoluzione, ecc.), indipendentemente dal fatto che la causa di invalidità o inefficacia sia conosciuta oppure no al cedente e/o a lui imputabile.

Di regola, egli non è invece tenuto alla garanzia per l’adempimento del contratto (cd. “nomen bonum”), a meno che non l’abbia espressamente assunta. In tale ultimo caso, egli risponde altresì come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto (art. 1410 c.c.): pertanto, risponde verso il cessionario in via solidale con il contraente ceduto (art. 1944, comma 1, c.c.), nei limiti della predetta norma, e quindi con esclusione della responsabilità per danni.