1.Nozione giuridica.
Il fenomeno della rappresentanza implica la sostituzione di un soggetto ad un altro nel compimento di un negozio giuridico.
Per effetto di essa, un soggetto (rappresentante) ha il potere di agire in nome e per conto di un altro (rappresentato) e gli effetti giuridici del negozio compiuto si producono unicamente nella sfera giuridica di quest’ultimo.
Nell’ambito della società moderna, l’istituto della rappresentanza ha assunto un ruolo ed un rilievo economico sempre maggiore, soprattutto da parte degli operatori economici di elevate dimensioni, che certamente si trovano nell’impossibilità di gestire personalmente tutti i propri affari e di stipulare in prima persona tutti i contratti che riguardano la propria attività economica.
La funzione dell’istituto della rappresentanza è dunque quella di consentire ad un soggetto (rappresentante) di cooperare con un altro (rappresentato) nello svolgimento di un’attività che concerne la sfera di interessi giuridici del rappresentato e che, al tempo stesso, rileva all’esterno, nei confronti di terzi.
A differenza di altre forme di cooperazione, la rappresentanza non esaurisce tuttavia i propri effetti sul mero piano fattuale, né si riduce ad un’attività esclusivamente materiale, ma si caratterizza invece per una cooperazione qualificata da uno spiccato carattere di giuridicità.
A tale istituto il Codice civile dedica le norme del Libro IV, Titolo II, Capo VI (artt. 1387-1400 c.c.).
Forme speciali di rappresentanza sono inoltre regolate nel Libro V, con riferimento alle imprese agricole e commerciali (artt. 2138, 2150 e 2203 c.c.), come risulta dal rinvio disposto dall’art. 1400 c.c.
- Le fonti della rappresentanza.
In base alla fonte da cui deriva, la rappresentanza si distingue in:
- rappresentanza legale, che trova la propria fonte in una norma di legge (es.: responsabilità genitoriale, tutela del minore o dell’interdetto, curatela dello scomparso, ecc.);
- rappresentanza volontaria, che trova la propria fonte in un atto di autonomia del rappresentato, il quale sceglie di conferire al rappresentante il potere di sostituirsi a lui nel compimento di un determinato negozio.
Al di là dell’affinità terminologica, le due figure appaiono tra loro completamente eterogenee, al punto che la prima trova la propria disciplina al di fuori del Capo dedicato dal Codice civile alla rappresentanza.
Parimenti, non può essere considerata una vera e propria forma di rappresentanza la cd. “rappresentanza organica”, ossia quel fenomeno per cui la persona giuridica (privata o pubblica) o l’ente non personificato agisce per mezzo del proprio organo-persona fisica, rispetto al quale si instaura un rapporto di totale compenetrazione (teoria della cd. “immedesimazione organica”).
In forza di tale rapporto, l’organo non si sostituisce all’ente, ma ne è vera e propria parte integrante: all’ente deve essere imputata ogni attività compiuta dall’organo nell’esercizio delle sue funzioni, anche quando da ciò scaturisca un illecito contrattuale.
Pertanto, nell’ambito della rappresentanza organica l’organo si compenetra nella struttura dell’ente collettivo e si atteggia come uno strumento necessario al compimento delle attività imputabili alla persona giuridica.
Nella rappresentanza organica manca quindi la dualità di soggetti (rappresentante e rappresentato), che caratterizza invece la rappresentanza disciplinata dagli artt. 1387 e ss. c.c. L’ente collettivo, destinatario degli effetti, è dunque anche parte dell’atto stipulato, sebbene non possa materialmente agire all’esterno, se non attraverso dichiarazioni di volontà riferibili esclusivamente a persone fisiche, che con l’ente si immedesimano.
In conclusione, quindi, l’organo non assume la veste di rappresentante, poiché, a differenza di quanto avviene nell’ambito della rappresentanza volontaria, non è distinguibile dal dominus dell’affare.
D’altra parte, non è escluso che la persona giuridica possa conferire espressamente ad un altro soggetto- che può anche essere uno dei suoi organi- una specifica funzione di rappresentanza, in ordine al compimento di un determinato affare, la cui trattazione non sia inclusa nella normale e generale competenza dell’organo: in tale fattispecie, qualificabile come “rappresentanza speciale”, diverranno applicabili le norme di cui agli artt. 1387 e ss. c.c.
Alla rappresentanza organica le norme di cui agli artt. 1387 e ss. c.c. trovano applicazione solo in via residuale e nei limiti della compatibilità.
In particolare, secondo una diffusa opinione dottrinale, quando vi sia immedesimazione organica, agli illeciti commessi dalla persona giuridica attraverso il proprio organo si applica l’art. 2043 c.c.; quando, invece, vi sia rappresentanza in senso tecnico, si applica la responsabilità indiretta di cui all’art. 2049 c.c.
- Rappresentanza diretta e indiretta.
La rappresentanza può configurarsi come diretta, se il rappresentante agisce non solo nell’interesse (per conto) del rappresentato, ma anche nel nome di quest’ultimo.
Tale forma di rappresentanza è quella espressamente disciplinata dall’art. 1388 c.c., il quale dispone che “Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato”.
Caratteristiche essenziali di tale forma di rappresentanza sono quindi:
- la spendita del nome altrui o contemplatio domini, attraverso cui il rappresentante palesa al terzo di agire per conto del rappresentato;
- la produzione degli effetti del negozio direttamente nella sfera giuridica del rappresentato.
In tali casi, dunque, il rappresentante è parte in senso formale del negozio, mentre il rappresentato è parte in senso sostanziale.
La rappresentanza si configura invece come indiretta, se il rappresentante agisce unicamente nell’interesse (per conto) del rappresentato, ma non anche nel nome di quest’ultimo.
Tale forma di rappresentanza non trova una disciplina diretta in una norma di legge, ma si ricava a contrario dalla disciplina della rappresentanza diretta di cui all’art. 1388 c.c.
Caratteristiche essenziali di tale forma di rappresentanza sono quindi:
- la mancata spendita del nome altrui;
- la produzione degli effetti del negozio nella sfera giuridica del rappresentante, con la conseguente necessità di un’attività ulteriore affinché tali effetti possano riversarsi nella sfera giuridica del rappresentato.
Al compimento di tale ulteriore attività il rappresentante è tenuto in forza del rapporto interno che lo lega al rappresentato.
Quest’ultimo, pertanto, non assume veste di parte del negozio, né in senso formale, né in senso sostanziale.
La rappresentanza indiretta, per le sue caratteristiche e per il fatto che ad essa generalmente ricorre chi non vuole comparire come parte di un negozio, pur volendo conseguirne gli effetti, è nota anche come interposizione reale di persona.
Da essa si distingue nettamente l’ipotesi della interposizione fittizia di persona, che è invece una fattispecie di simulazione soggettiva del negozio.
- Il nuncius.
La rappresentanza volontaria non è ammessa nei cosiddetti “negozi personalissimi”, che per legge possono essere compiuti solo dal titolare del diritto.
E’ il caso, ad esempio, del testamento, per il quale l’art. 631 c.c. esclude la possibilità che venga rimessa all’arbitrio di un terzo l’indicazione dell’erede o del legatario o la determinazione della quota ereditaria.
Altrettanto deve dirsi per la donazione, in relazione alla quale l’art. 778 c.c. commina la nullità al mandato con cui si attribuisce ad altri la facoltà di designare la persona del donatario o di determinare l’oggetto della donazione.
Parimenti, costituiscono atti personalissimi il matrimonio, il riconoscimento di un figlio nato al di fuori del matrimonio e, in generale, di tutti i negozi di diritto familiare.
Non costituisce deroga al carattere personalissimo dell’atto l’istituto del matrimonio per procura ex art. 111 c.c.: nell’ambito di esso, infatti, il procurator è un mero nuncius o “portavoce”, e dunque un soggetto che coopera con il nubendo, ma non si sostituisce in alcun modo ad esso.
Egli, infatti, si limita ad una mera trasmissione della dichiarazione di consenso, sulla quale non ha tuttavia alcun potere di determinazione.
- La procura: nozione, natura giuridica, forma e modalità di estinzione.
La rappresentanza diretta implica la nascita di due differenti rapporti tra il rappresentante ed il rappresentato, ossia:
- un rapporto interno, detto di gestione, in virtù del quale il rappresentante è tenuto a compiere un’attività giuridica che incide sulla sfera di interessi del rappresentato. Tale rapporto trova generalmente la propria fonte in un contratto di mandato, che è appunto “il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto –ossia nell’interesse- dell’altra” (art. 1703 c.c.). Può tuttavia trovare la propria fonte anche in altre tipologie contrattuali (agenzia, lavoro subordinato, ecc.);
- un rapporto a rilevanza esterna, in virtù del quale il rappresentante acquista la legittimazione a spendere il nome del rappresentato nei rapporti con i terzi. Esso trova la propria fonte nella procura, che è appunto il negozio mediante il quale una persona conferisce ad un’altra il potere di rappresentarla.
La procura costituisce un atto a rilevanza esterna, in quanto il rappresentante, agendo in nome e per conto del rappresentato, può impegnare quest’ultimo direttamente nei confronti dei terzi.
La dichiarazione, resa ai terzi, di agire in nome e per conto del rappresentato è detta contemplatio domini e non richiede particolari formalità, dovendo unicamente essere esplicita e non equivoca.
Il potere di rappresentanza è dunque un potere di secondo grado, perché deriva dal rappresentato e non priva quest’ultimo del potere di agire in proprio.
La procura è un atto:
- unilaterale, perché proveniente da un’unica parte, ossia il rappresentato;
- recettizio, perché, per produrre effetti, deve essere portata a conoscenza del rappresentante o, secondo un diverso indirizzo dottrinario, del terzo;
- preparatorio ed accessorio, perché finalizzato al compimento di un negozio giuridico ulteriore e principale, che dovrà essere compiuto dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato.
Essa può essere:
- espressa o tacita, a seconda che essa venga conferita con una dichiarazione verbale o con un comportamento concludente, come le mansioni che si fanno svolgere al rappresentante (es.: il commesso del negozio addetto alle vendite è autorizzato a vendere);
- generale o speciale, a seconda che si estenda a tutti gli affari del rappresentato oppure soltanto a singoli affari determinati. La procura generale (i.e.: mandato generale) non comprende di regola gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, tranne quelli espressamente individuati (art. 1708, comma 2, c.c.);
- revocabile o irrevocabile, a seconda che essa sia conferita nell’interesse esclusivo del rappresentato oppure, invece, anche nell’interesse del rappresentante o di terzi (procura in rem propriam). In quest’ultimo caso, essa non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca; non si estingue inoltre per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante (art. 1723, comma 2, c.c.).
Per quanto riguarda la forma della procura, stabilisce l’art. 1392 c.c. che “la procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere”.
Pertanto, se l’atto che il rappresentante deve compiere richiede la forma scritta a pena di nullità (es.: compravendita di un bene immobile), anche la procura per tale atto esige la forma scritta a pena di nullità.
Se il negozio da concludere richiede la forma scritta ad probationem (es.: transazione), anche la procura deve assolvere tale onere formale a fini probatori.
Al di fuori di tali ipotesi, la forma della procura è libera, e può quindi essere conferita anche verbalmente o per comportamenti concludenti.
Sono cause di estinzione della procura (i.e.: del mandato, che costituisce fonte del rapporto interno di gestione tra rappresentante e rappresentato):
- la scadenza del termine o il verificarsi della condizione risolutiva;
- il compimento del negozio per il quale era stata conferita (nel caso della procura speciale);
- la revoca, espressa o tacita, da parte del rappresentato;
- la rinunzia del rappresentante;
- l’estinzione del rapporto di gestione;
- la morte, la sopravvenuta incapacità o il fallimento del rappresentante o del rappresentato.
In particolare, la revoca costituisce il negozio giuridico unilaterale con il quale il rappresentato priva di efficacia la procura, con effetto ex nunc, e con salvezza degli atti fino a quel momento compiuti dal rappresentante.
Affinché la procura operi nei confronti dei terzi, l’ordinamento prescrive una serie di cautele dirette a tutelare questi ultimi.
In particolare:
- il terzo che contragga con il rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata (art. 1393 c.c.);
- le modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto. Le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito dall’interessato non sono opponibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate (art. 1396 c.c.);
- il rappresentante è tenuto a restituire il documento dal quale risultano i suoi poteri, quando questi sono cessati (art. 1397 c.c.).