L’anticresi è il contratto con il quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale (art. 1960 c.c.).

Secondo la dottrina prevalente, funzione predominante di tale contratto è quella di garanzia, mentre solo eventuale è la funzione satisfattiva, diretta (mediante la percezione dei frutti naturali del bene immobile) o indiretta (mediante la percezione dei suoi frutti civili).

Solo un orientamento dottrinale minoritario (TRABUCCHI) assegna invece ruolo preminente alla funzione satisfattiva, qualificando l’anticresi come un mezzo di soggezione volontaria alla responsabilità patrimoniale (poiché il creditore anticretico non ha diritto di prelazione sul ricavato della vendita, nell’ipotesi in cui altri creditori promuovano l’espropriazione sul bene, che è oggetto del contratto di anticresi).

Il creditore, se non è stato convenuto diversamente, è obbligato a pagare i tributi e i pesi annui dell’immobile ricevuto in anticresi. 

Egli ha l’obbligo di conservare, amministrare e coltivare il fondo da buon padre di famiglia. Le spese relative devono essere prelevate dai frutti. 

Il creditore, se vuole liberarsi da tali obblighi, può, in ogni tempo, restituire l’immobile al debitore, purché non abbia rinunziato a tale facoltà (art. 1961 c.c.).

L’anticresi dura finché il creditore sia stato interamente soddisfatto del suo credito, anche se il credito o l’immobile dato in anticresi sia divisibile, salvo che sia stata stabilita la durata.

In ogni caso, l’anticresi non può avere una durata superiore a dieci anni: se è stato stipulato un termine maggiore, questo si riduce al termine di dieci anni previsto ex lege (art. 1962 c.c.).

È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito (art. 1963 c.c.): tale norma costituisce applicazione particolare del generale divieto di patto commissorio (art. 2744 c.c.).

E’ invece valido, salva l’applicazione della norma sulla rescissione per lesione (art. 1448 c.c.), il patto con il quale le parti convengono che i frutti si compensino, in tutto o in parte, con gli interessi. In tal caso, il debitore può in ogni tempo estinguere il suo debito e rientrare nel possesso dell’immobile (art. 1964 c.c.).