Corte di giustizia di secondo grado delle Marche, sez. III, 15 dicembre 2023 n. 1040


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in appello tempestivamente depositato EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE Spa ha impugnato la sentenza n. 1XX/2017, depositata il 9 maggio 2017, con cui la CTP di primo grado accoglieva il ricorso proposto dal signor C.L. avverso la cartella di pagamento n. 00XXXXXXXXXXXXXX, recante carico complessivo per ? 6xxxxxx, per IRPEF, IVA ed altro, anni d’imposta 2004 e 2005.

I motivi del ricorso di primo grado venivano così riassunti dal Giudice di primae curae:

1) inesistenza della cartella a causa dell’inesistenza della notifica effettuata via PEC;

2) mancata notifica mediante soggetto abilitato; assenza di una relata di notifica;

3) nullità della cartella per omessa firma del ruolo in essa riprodotto;

4) nullità per difetto di motivazione;

5) nullità per errore di calcolo relativamente alle somme richieste in cartella.

Così si esprime, conclusivamente, la sentenza qui appellata: “(…). Pertanto, l’assenza della relazione di notifica, della prova di un atto sottoscritto con firma digitale, della dichiarazione di conformità sui documenti cartacei depositati dall’amministrazione, determinano l’inesistenza dell’atto per nullità e/o inesistenza della notifica, in quanto non può essere ritenuta provata la spedizione e la ricezione dello specifico atto di rigetto del reclamo.”

L’appellante affida le proprie doglianze ad un dettagliato ricorso, le cui risultanze possono sinteticamente essere qui riassunte in tre “gruppi” di motivi, successivamente riassunti nella memoria illustrativa depositata dall’AdE-Riscossione il 25 settembre 2023:

  1. a) validità ed efficacia della notifica della cartella effettuata via PEC, con particolare riferimento alla tempestiva impugnazione dell’atto, che renderebbe irrilevante qualsivoglia (e comunque inesistente nella fattispecie) vizio di notifica. Che il messaggio sia pervenuto sarebbe provato sia dalla ricevuta (prodotta) sia perché ciò sarebbe stato pacificamente ammesso dal signor C.L.;
  2. b) contestazione dell’asserita mancanza di valenza giuridica della copia informatica dell’atto inviato a mezzo PEC senza una attestazione di conformità all’originale;
  3. c) indispensabilità, ai fini della decisione, del file originale di notifica (PEC), prodotto in appello in formato “eml” alla luce di giurisprudenza recente di Cassazione (Ord. n. 33983 del 17/11/’22). Anzi, non si tratterebbe di una nuova prova, ma semplicemente della stessa prova già prodotta in primo grado in formato cartaceo.

L’appellante produce copiosa giurisprudenza a sé favorevole, e conclude chiedendo che venga accertata l’esistenza e la validità della notificazione a mezzo PEC della dedotta cartella, e di conseguenza, che l’appellante venga autorizzata alla chiamata in causa dell’Ente impositore Agenzia delle Entrate-Direzione provinciale di Ascoli Piceno.

Con condanna dell’appellato al pagamento delle spese di lite per entrambi i gradi.

L’appellato C.L. si è costituito. Nelle sue controdeduzioni sostiene la correttezza dell’impugnata sentenza, anche entrando nei dettagli della procedura informatica. Afferma che nella fattispecie non sarebbe “(…) invocabile l’applicabilità della “sanatoria” prevista dall’art. 156 c.p.c, sia perché gli atti amministrativi impugnabili non sono “atti del processo” (cfr. Corte Cass. sentenza n. 5924/2001), sia perché la cartella di pagamento oggetto del presente giudizio, per i motivi sopra evidenziati, manca del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo (cfr. Corte Cass. sentenza n. 16141/2005; Corte Cass. SS. UU. sente 19704/2015).” (controric., pagg. 18-19).

Allega tre precedenti giurisprudenziali di merito (CTP Milano n. 1023/2017; CTP Reggio Emilia, n. 197/2016; CTP Reggio Emilia, n. 204/2017), e conclude chiedendo il rigetto dell’appello, con conferma della appellata sentenza. Con vittoria di spese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, il Collegio non ravvisa alcuna necessità di integrare il contraddittorio con la chiamata dell’Agenzia delle Entrate di AP. Nel merito, la sentenza impugnata va totalmente riformata.

In primo luogo, la Corte rileva che la sentenza impugnata è apodittica ed errata. Il Giudice di primo grado ha così motivato: “Ritiene evidente la Commissione che la semplice disponibilità di un documento nella casella pec non può equivalere ad avvenuta consegna del documento al destinatario perché un tale assunto pretenderebbe di dare alla casella pec una funzione sostanziale che invece può spettare soltanto al soggetto destinatario e ciò senza tener conto che il destinatario e titolare della casella pec per un quantità innumerevole di ragioni potrebbe essere impossibilitato a controllare la sua pec per tempi non quantificabili.”.

E’ sufficiente leggere l’art. 149-bis del c.p.c., in vigore dal 29 dicembre 2009, rubricato “Notificazioni a mezzo posta elettronica” per concludere che, ai fini della conoscenza legale dell’atto notificato, il “soggetto destinatario” e la sua “casella pec” sono assolutamente sovrapponibili. Ovvio che possano sussistere “innumerevoli ragioni” che potrebbero determinare l’impossibilità di controllare la propria PEC. Ma di tali astratte, ipotetiche ragioni il contribuente non ne ha dimostrata neanche una. In aggiunta, è il caso di evidenziare che, per principio giuridico generale, i procedimenti di notifica non sono “fini a sé stessi”.

Per tale ragione la Suprema Corte di Cassazione, fin dai primissimi anni 2000, ha statuito che l’art. 156 c.p.c. trova applicazione non solo nei processi, ma altresì nei procedimenti amministrativi, ivi inclusi, specificamente, quelli di notifica degli atti. Di questo la CTP di Ascoli Piceno sembra non avere nessuna contezza, tanto da non citare affatto la detta norma di legge.

Comunque, al di là della prova (peraltro presente) della effettiva ricezione da parte del contribuente della cartella di pagamento n. 00XXXXXXXXXXXXXX000 (cfr. ricevuta prodotta da EQUITALIA nel giudizio di primo grado), è lo stesso appellato che, candidamente, riconosce di aver ricevuto la detta cartella, posto che nelle sue controdeduzioni al presente appello, così esordisce: “In data 16.6.2016 veniva comunicata all’odierno appellato, tramite PEC, copia della cartella di pagamento n. 00XXXXXXXXXXXXXX000 con la quale l’Agente della riscossione provvedeva al recupero delle somme asseritamente risultanti dalle sentenze nn. 51/04/2016 e 611/02/2016 emesse dalla CTR di Ancona.” (controdeduzioni, pag. 2, depositate presso questa CTR il 2 ottobre 2017).

Dunque, il contribuente è stato messo in grado di difendere le proprie posizioni soggettive innanzi alla competente Autorità Giudiziaria. Come in effetti è avvenuto.

Et de hoc satis.

Qualche parola sulla giurisprudenza di merito dedotta a sostegno dall’appellato (CTP di Milano e Reggio Emilia, 2016-2017, citate in fatto). Al riguardo, va rilevato che le posizioni ivi espresse sono ampiamente superate dalle recenti SS.UU. di Cassazione (n. 26283 del 6 settembre 2022), che hanno specificato che la nuova norma (id est il d.l. n.146 del 21 ottobre 2021, art. 3-bis e 4 bis) si applica anche ai processi pendenti (norma che fissa l’inammissibilità dei ricorsi avverso gli estratti di ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata). Il tutto, a maggior conferma dell’accessorietà degli atti di notifica rispetto ai valori giuridici tutelati. Per quanto fin qui esposto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione va accolto, con l’effetto di riformare l’impugnata sentenza, nel senso di cui in motivazione. Le spese di giudizio, liquidate per ciascun grado come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte d’appello tributaria accoglie l’appello proposto da AdER (originariamente EQUITALIA RISCOSSIONE Spa), ed in riforma dell’impugnata sentenza dichiara valida ed efficace la cartella esattoriale n. 00XXXXXXXXXXXXXX, notificata dall’agente della riscossione. Condanna l’appellato al pagamento delle spese di giudizio per entrambi i gradi, che si liquidano, quanto al primo grado, in E 6.500, e quanto al presente grado in E 9.100, per un totale di E 15.600, oltre interessi e rivalutazione, se ed in quanto dovuti.


COMMENTO REDAZIONALE– La pronuncia in commento si uniforma all’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il principio della sanatoria per il raggiungimento dello scopo dell’atto, sancito all’art. 156,comma 3, c.p.c., trova applicazione non solo nei processi, ma altresì nei procedimenti amministrativi, ivi inclusi, specificamente, quelli di notifica degli atti.

Vengono in tal modo superate tutte le contestazioni sollevate in ordine alla notificazione telematica di una cartella di pagamento da parte di un contribuente che, nelle proprie controdeduzioni di appello, aveva pacificamente ammesso l’avvenuta ricezione dell’atto, ancorché mediante un procedimento di notificazione asseritamente viziato.