Cass. Civ. sez. V, ord. 20 giugno 2022, n. 19803


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. HMELJAK Tania – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18160/2018 proposto da:

C.F., rappresentato e difeso dall’avv. …, con cui elettivamente domicilia in …, presso l’avv. …;                                               – ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia, in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;                                                                                                                             – controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 76/2018, pronunciata in data 9 novembre 2017, depositata in data 10 gennaio 2018 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 maggio 2022 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

Svolgimento del processo

Che:

  1. C.F. ricorre con tre motivi contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza n. 76/2018, pronunciata in data 9 novembre 2017, depositata in data 10 gennaio 2018 e non notificata, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in sede di rinvio, ha rigettato il ricorso in riassunzione del contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento emesso ai fini Irpeg, Irap ed Iva per l’anno di imposta 1998 nei confronti del C., quale autore mediato delle violazioni tributarie della … s.r.l.
  2. Con la sentenza impugnata, la C.t.r., rigettate le eccezioni preliminari del contribuente, riteneva la fondatezza della pretesa erariale.

In particolare, secondo la C.t.r., dalle indagini espletate dalla G.d.F. risultava che la … s.r.l aveva utilizzato fatture per operazioni inesistenti, emesse dalla … s.r.l., che risultava “una scatola vuota senza alcuna organizzazione”, di cui C.F. era amministratore di fatto.

Secondo la C.t.r. era evidente che l’autore mediato delle violazioni della … s.r.l., riscontrate con un’indagine penale nel 2001, fosse proprio il C.F., che doveva ritenersi responsabile delle sanzioni irrogate ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, comma 1, senza che fosse applicabile la disciplina introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 7.

Infine, la C.t.r. riteneva che il contribuente, non avendo presentato la dichiarazione dei redditi e non avendo aderito al condono, non potesse invocare l’estinzione del giudizio per il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9, cui aveva aderito la … s.r.l. e non la … s.r.l.

  1. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 17 maggio 2022, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380-bis.1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Motivi della decisione

Che:

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600 gli artt. 42, 137 e 145 c.p.c., 7 e 12 L. 27 luglio 2009, n. 212, 4, 5 e 10 D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. sul giudicato esterno e nullità della decisione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Secondo il ricorrente, la C.t.r. avrebbe erroneamente ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, con riferimento al p.v.c., che non era stato indirizzato al contribuente, ma notificato alla società … s.r.l., mediante consegna a C.F. nella qualità di amministratore unico di tale società.

Inoltre, sul punto vi sarebbe sentenza favorevole al contribuente della C.t.p. di Napoli su diversa annualità, prodotta in primo e secondo grado, che esplicherebbe efficacia vincolante anche nella fattispecie in esame.

1.2. Preliminarmente, il motivo è ammissibile – in quanto, ancorchè siano cumulate in un unico motivo le censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, sono evidenziate specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (in tal senso, v. Cass. n. 9793 del 2013).

Nel merito il motivo è infondato e va rigettato.

Invero, sul punto questa Corte si è già espressa in tal senso con ordinanza n. 12716 del 9/3/2022, emessa tra le stesse parti nell’impugnativa dell’atto di irrogazione delle sanzioni per i medesimi fatti per cui è processo.

In particolare, anche in questo caso la C.t.r. ha evidenziato che l’atto impugnato è stato notificato a C.F. in qualità di autore mediato della … s.r.l., società cartiera priva di una propria organizzazione, che, secondo l’ufficio, aveva emesso nei confronti della … s.r.l. fatture per operazioni inesistenti; inoltre, il giudice di appello ha ritenuto che l’atto di contestazione delle sanzioni fosse congruamente motivato con riferimento al p.v.c., atto noto al contribuente, al quale era stato consegnato in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della … s.r.l..

Tali circostanze, non contestate dal ricorrente, comportano l’infondatezza della doglianza, in quanto in tema di avviso di accertamento, “la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio” (Cass. 20/12/2017 n. 30560).

Inoltre “in tema di avviso di accertamento, l’onere di allegazione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, è limitato ai documenti non conosciuti nè ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell’atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa di quest’ultimo” (Cass. 10/7/2020 n. 14723).

Anche con riferimento all’eccezione di giudicato esterno il motivo è infondato, in quanto, pur volendo ritenere che nel caso in esame vi sia l’efficacia vincolante del giudicato esterno formatosi sull’impugnativa di un altro atto relativo a diversa annualità, deve ribadirsi il principio secondo cui “ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, purchè la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione, impugnazione peraltro ammessa esclusivamente ove la decisione oggetto della stessa non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato” (Cass. n. 13804 del 31/5/2018).

Nel caso di specie, dunque, sarebbe prevalente il giudicato formatosi in Cassazione (non solo l’ordinanza citata, n. 12716 del 9/3/2022, emessa nell’impugnativa dell’atto di irrogazione delle sanzioni per i medesimi fatti per cui è processo, ma anche Cass. nn. 24038 e 24039 del 2018 per le impugnative degli atti impositivi riguardanti rispettivamente le annualità 2000 e 1999), contrario all’assunto del contribuente.

2.1. Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7, convertito dalla L. n. 326 del 2003, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 54, degli artt. 2697 e 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorrente rileva che, con la L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7 del decreto convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25.11.2003), è stato ribaltato il principio della diretta sanzionabilità dell’autore della violazione, in riferimento alle società ed enti con personalità giuridica.

In luogo dell’amministratore, viene colpita la società, in quanto presumibile beneficiaria dell’illecito fiscale commesso; la disposizione, significativamente intitolata “riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie”, prevede infatti che le sanzioni amministrative tributarie relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.

2.2. Anche tale motivo deve essere rigettato, conformemente a quanto è già stato deciso con l’ordinanza n. 12716 del 9/3/2022.

Come questa Corte ha, ormai, più volte evidenziato, “il principio secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 7, conv. con modif., in L. n. 326 del 2003, sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando essa sia gestita da un amministratore di fatto non opera nell’ipotesi di società “cartiera”, atteso che, in tal caso, la società è una mera fictio, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con la conseguenza che viene meno la ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito” (Cass. 20/10/2021 n. 29038; vedi anche Cass. 18/04/2019 n. 10975 e Cass. 22/11/2021 n. 36003).

Pertanto, la decisione della C.t.r., nella parte in cui ha riconosciuto l’imputabilità delle sanzioni all’amministratore di fatto, aderendo ad una nozione ampia di “autore mediato” D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 10, ricomprendente “coloro che abusano di posizione di supremazia al fine di indurre altri a commettere violazioni”, ha ritenuto fondata la pretesa fiscale nei confronti del C., accertatone – con una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità – il carattere di dominus, di gestore di fatto (attraverso la prestazione di garanzie personali e reali) della società fittizia e, dunque, di “autore mediato” della … s.r.l. (peraltro, come si è detto, la figura di “autore mediato” era già stata riconosciuta al C. da Cass. nn. 24038 e 24039 del 2018 rispettivamente per annualità 2000 e 1999). 

La soluzione adottata dalla C.t.r. appare conforme ai principi sopra richiamati, secondo cui la non applicabilità delle sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 7, (conv., con modif., in L. n. 326 del 2003), che in linea di principio sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non opera nell’ipotesi di società artificiosamente costituita, poiché in tal caso la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’interesse della persona fisica, esclusiva beneficiaria delle violazioni, non essendovi dunque alcuna differenza fra trasgressore e contribuente (cfr. Cass. n. 10975/2019; Cass. n. 9448/2020; cfr. altresì, in motivazione, Cass. 08/03/2017, n. 5924 e Cass. 28/08/2013, n. 19716). 

3.1. Con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 10, lett. a), e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorrente ha eccepito che la … s.r.l. ha aderito al cd. condono tombale per l’annualità in contestazione; pertanto ritiene di aver definito le imposte ed estinto le sanzioni per le violazioni tributarie che le sono state contestate, con effetto anche nei confronti del proprio amministratore.

Il motivo è infondato e va rigettato.

L’avviso di accertamento è stato emesso nei confronti di C.F. in qualità di amministratore di fatto della società “cartiera” … s.r.l.; pertanto in relazione a tale contestazione nessun effetto può esplicare nei suoi confronti il condono della società … s.r.l.

Ciò conformemente a quanto affermato da questa Corte secondo cui gli effetti estintivi e preclusivi discendenti dal beneficio operano nei limiti delle pendenze tributarie concernenti la parte e non oltre questo ambito, nel senso che, come ben si evince dal dettato del richiamato L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 10, l’azione accertatrice del fisco risulta preclusa nei confronti solo di questa, (“Il perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo comporta la preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario”), senza che sia perciò possibile invocarne l’efficacia con riguardo a posizione diverse da quella che fa capo al dichiarante (ex plurimis, Cass. n. 27044 del 2014).

Comunque, anche tale questione risulta affrontata e decisa nella citata ordinanza n. 12716 del 9/3/2022.

Di conseguenza il ricorso va complessivamente rigettato, con condanna del ricorrente alle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 11.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2022


COMMENTO REDAZIONALE – La Corte di Cassazione ribadisce che il principio per cui le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 7, conv. con modif., in L. n. 326 del 2003, sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando essa sia gestita da un amministratore di fatto non opera nell’ipotesi di società “cartiera”, atteso che, in tal caso, la società è una mera fictio, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con la conseguenza che viene meno la ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito. (Cass. Civ. 20 ottobre 2021 n. 29038; Cass. Civ. 18 aprile 2019 n. 10975 e Cass. Civ. 22 novembre 2021 n. 36003).

Pertanto, secondo la Suprema Corte, è fondata la decisione della Commissione Tributaria Regionale nella parte in cui ha riconosciuto l’imputabilità delle sanzioni all’amministratore di fatto, aderendo ad una nozione ampia di “autore mediato” D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 10, ricomprendente “coloro che abusano di posizione di supremazia al fine di indurre altri a commettere violazioni”, e, di conseguenza, la pretesa fiscale nei confronti del C., accertatone – con una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità – il carattere di dominus, di gestore di fatto (attraverso la prestazione di garanzie personali e reali) della società fittizia e, dunque, di “autore mediato” della società.

Quindi, come già affermato dalla Corte, la non applicabilità delle sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 7, (conv., con modif., in L. n. 326 del 2003), che in linea di principio sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non opera nell’ipotesi di società artificiosamente costituita, poiché, in tal caso, la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’interesse della persona fisica, esclusiva beneficiaria delle violazioni, non essendovi, dunque, alcuna differenza fra trasgressore e contribuente (Cass. Civ. n. 10975/2019; Cass. Civ. n. 9448/2020; Cass. Civ. 08/03/2017, n. 5924 e Cass. Civ. 28/08/2013, n. 19716).