Cass. civ., Sezioni Unite, ord., 29 aprile 2021 n. 11290


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27778-2019 proposto da:

MAXI DI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FORO TRAIANO 1/A, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO SATTA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO RODERI;

– ricorrente –

contro

MANTOVA AMBIENTE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA 96, presso lo studio dell’avvocato PAOLO ROLFO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAURIZIO LOVISETTI e CESARE PERONI;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI GONZAGA;

– intimato –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 57/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE di MANTOVA;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/09/2020 dal Consigliere LUCIO NAPOLITANO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS Stanislao, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione dichiarino la giurisdizione del giudice ordinario.

Svolgimento del processo

Che:

La Maxi D S.r.l. (di seguito Maxi D), che gestisce un ipermercato nel territorio del Comune di Gonzaga (MN), è stata destinataria di una fattura dell’importo di Euro 10.009,43 emessa dalla Mantova Ambiente S.r.l. (di seguito Mantova Ambiente), affidataria del predetto comune del servizio inerente ai rifiuti urbani, relativa al secondo semestre 2018.

La Maxi D ritenne d’impugnare l’anzidetta fattura dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Mantova, chiedendo all’adito giudice tributario – previa disapplicazione dell’art. 3 del Regolamento per la disciplina del corrispettivo per i rifiuti in luogo della TARI, approvato dal Consiglio Comunale di Gonzaga con delibera n. 11 del 19 marzo 2018, e dell’art. 4 ed allegata tabella 1, del Regolamento di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, approvato dal medesimo Consiglio comunale con delibera n. 50 del 28 ottobre 2013, che prevedono l’assimilazione dei rifiuti speciali da imballaggio ai rifiuti urbani – l’annullamento della suddetta fattura, assumendo che la tariffa dovesse essere commisurata alle sole, residuali, superfici destinate alla produzione di rifiuti solidi urbani (quali uffici, servizi igienici, spogliatoi), provvedendo nel resto a proprie spese la ricorrente allo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi.

Nelle proprie controdeduzioni dinanzi al giudice tributario la Mantova Ambiente, oltre a contestare nel merito l’avversa domanda, rilevandone l’infondatezza, ha eccepito, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice tributario, in favore del giudice ordinario, evidenziando come nella fattispecie si vertesse in tema di c.d. tariffa puntuale (o “corrispettivo”) sui rifiuti, secondo quanto disposto dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 668, avente appunto natura di corrispettivo del servizio dalla stessa prestato, e non già sulla Tassa rifiuti (TARI), quale disciplinata in altri diversi commi, dal 639, ora abrogato, al 736 dello stesso art. 1 della citata L. n. 147 del 2013, della quale è pacificamente ritenuta la natura tributaria.

Con ricorso ritualmente notificato la Maxi D ha quindi proposto, in pendenza del giudizio dinanzi alla CTP di Mantova, regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo all’adita Corte di cassazione a sezioni unite di dichiarare la giurisdizione della Commissione tributaria provinciale di Mantova, dinanzi alla quale è stata proposta la controversia tra le parti.

La Mantova Ambiente resiste all’avverso ricorso con atto denominato “controdeduzioni”, insistendo affinché sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Il Comune di Gonzaga non ha svolto difese.

Il Procuratore Generale, richiamando nelle proprie conclusioni del 16 giugno 2020 la recente sentenza n. 8631 del 7 maggio 2020 di queste Sezioni Unite in tema di c.d. TIA 2, ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

Motivi della decisione

Che:

  1. La presente pronuncia interviene nell’ambito di una ricostruzione dell’evoluzione, indubbiamente complessa, della normativa in tema di servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, e di qualificazione della natura dei relativi costi, che può dirsi ormai aver trovato, per quanto in questa sede rileva, un duplice approdo: l’uno, preceduto da pronunce contrastanti, in punto di affermazione, da parte delle Sezioni Unite di questa Corte, con la succitata sentenza 7 maggio 2020, n. 8631, della natura privatistica, con conseguente assoggettabilità ad IVA, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 1 e 3, art. 4, commi 2 e 3, della tariffa integrata ambientale (c.d. TIA2), di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238; l’altro, viceversa, oggetto d’indirizzo interpretativo univoco, relativo all’affermata natura tributaria della tassa rifiuti (cd. TARI), introdotta, in origine, quale componente della imposta unica municipale (IUC), dalla L.n. 147 del 2013, art. 1, comma 639, con decorrenza dal primo gennaio 2014, destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti (tra le molte, cfr. Cass., S.U., ord. 18 giugno 2019, n. 16341; Cass., S.U., 23 novembre 2018, n. 30426, nonché la costante giurisprudenza della sezione tributaria: cfr., ex multis, Cass., sez. 5, 19 agosto 2020, n. 17334; Cass. sez. 5, ord. 15 maggio 2019, n. 12979; Cass. sez. 5, 22 settembre, 2017, n. 22130); a tale conclusione, in particolare, pervenendosi, nel solco di quanto, già a suo tempo, indicato da Corte Cost. 16 luglio 2009, n. 238.
  2. Quest’ultima, nell’affermare, allora, la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale (cd. TIA1), quale disciplinata dal D.Lgs. 22 settembre 1997, n. 22, art. 49, quale mera variante della TARSU (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 58 e ss., evidenziò, quali parametri che debbono indefettibilmente sussistere perché una fattispecie sia qualificata come avente natura tributaria, indipendentemente dal nomen iuris assegnato alla fattispecie, i seguenti elementi:
  3. a) la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo (doverosità della prestazione);
  4. b) la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico tra le parti (mancanza di detto rapporto sinallagmatico);
  5. c) le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivante dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese (collegamento della prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante).

2.1. Detti criteri sostanziali, ai fini della qualificazione di una determinata prestazione come avente natura tributaria, sono stati ancora, di recente, ribaditi, relativamente a diverse fattispecie, dalla giurisprudenza costituzionale (si vedano, tra le altre, Corte Cost. 26 aprile 2018, n. 89 e Corte Cost. 14 dicembre 2017, n. 269).

2.2. La succitata Cass. S.U. n. 8631/2020, sempre muovendo dalla condivisione delle anzidette premesse, ha ritenuto – in ciò ridimensionando la portata della precedente ordinanza delle stesse Sezioni Unite 11 luglio 2017, n. 17113 – nell’affermare la natura privatistica della cd. TIA2, che non assume rilievo decisivo, ai fini dell’attribuzione, in contrario avviso, della natura tributaria della prestazione, quale espresso anche dall’ordinanza interlocutoria Cass. sez. 3, 25 settembre 2019, n. 23949, la circostanza che il relativo pagamento sia obbligatorio per legge, atteso che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3 prevede che le prestazioni verso corrispettivo dipendenti dai contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere obbligazioni di fare, di non fare e permettere costituiscono prestazioni di servizi, ai fini dell’assoggettabilità ad IVA, ex art. 1 del medesimo decreto, quale ne sia la fonte; rilevando altresì, a conforto della natura privatistica della tariffa, come già fosse stato precisato (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-3, ord. 19 luglio 2019, n. 19544 e Cass. sez. 6-3, ord. 18 febbraio 2019, n. 4275) che “nella prospettiva dell’opzione legislativa è… chiaro che l’individuazione del costo con componenti predeterminate o accessorie è del tutto compatibile trattandosi di contratti di massa, nella cornice dei quali trova idonea spiegazione anche la redistribuzione agevolativa dei costi con modalità che tengano conto anche di indici reddituali”.

2.3. Dovendo su ciò convenirsi, ne consegue che, avuto riguardo alla tariffa avente natura di corrispettivo, di cui alla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 668, la natura privatistica della stessa ne risulti viepiù confermata.

2.3.1. E’ pur vero che, in questa sede, diversamente dalla fattispecie esaminata dalla succitata pronuncia n. 8631/2020 di queste Sezioni Unite, non viene in rilievo alcuna norma d’interpretazione autentica riguardo alla qualificazione della natura giuridica della prestazione.

2.3.2. Nondimeno, di là anche dal nomen iuris assegnato a detta prestazione dal comma in oggetto (tariffa avente natura corrispettiva), appare incontrovertibile che la norma primaria in esame, nello stabilire che “(i) comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI”, debba essere intesa nel senso di delineare l’ambito di detta tariffa in termini alternativi alla tassa sui rifiuti, di cui, come si è visto, è pacifica la natura tributaria.

  1. Detta disposizione va correlata al precedente comma 667 dello stesso art.1 della citata L. n. 147 del 2013, che dispone che “(a)l fine di dare attuazione al principio “chi inquina paga”, sancito dall’art. 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell’Unione Europea”.

3.1. Il relativo decreto, D.M. 20 aprile 2017, pubblicato in G.U. n. 117 del 22 maggio 2017, per quanto in realtà non abbia chiaramente definito la cd. Tarip (tariffa puntuale), talora indicata anche come Taric (tariffa corrispettiva), in termini di radicale opzione sostitutiva per i Comuni al tributo TARI, secondo quanto risulta evincersi invece dalla menzionata disposizione di cui all’art. 1, comma 668, ha costituito comunque il necessario presupposto perché potesse effettivamente istituirsi detta tariffa.

3.2. Segnatamente l’art. 4 del citato decreto, in particolare, prevede che “(l)a misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti si ottiene determinando, come requisito minimo, il peso o il volume della quantità di RUR” (rifiuto urbano residuo, o indifferenziato), quale definito dall’art. 2 del decreto in esame, cioè il rifiuto residuale dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati, “conferito da ciascuna utenza al servizio pubblico di gestione dei rifiuti”.

  1. Il Comune di Gonzaga ha quindi approvato, con delibera del Consiglio comunale n. 11 del 19 marzo 2018, con decorrenza dal primo gennaio 2018, cioè a far tempo dall’annualità oggetto del contenzioso tra le parti oggetto del relativo giudizio di merito, il “Regolamento per la disciplina del corrispettivo per i rifiuti in luogo della TARI”.

4.1. Orbene, non sembra potersi revocare in dubbio, che, con il citato regolamento, allegato in atti, il Comune di Gonzaga abbia inteso effettivamente esercitare, nell’ambito della propria potestà regolamentare, l’opzione di cui all’art. 1, comma 668, delineando la disciplina di tariffa “corrispettivo” per i rifiuti, in luogo della TARI, cioè alternativamente ad essa, secondo l’indicazione emergente dalla citata norma primaria, come da incipit della citata fonte secondaria (si veda l’art. 1, comma 1, del regolamento, che “istituisce e disciplina il Corrispettivo per i rifiuti in luogo della TARI, come previsto dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 668…)”.

4.2. Se è pur vero che resta immutato il presupposto oggettivo del corrispettivo per i rifiuti – d’altronde già comune alla cd. TIA2, della quale, come si è detto, recentemente queste Sezioni Unite hanno affermato la natura privatistica – presupposto che l’art. 5, comma 1 del regolamento individua nel possesso o nella detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani o assimilati”, cui consegue, secondo l’art. 13, comma 3, del regolamento medesimo, che “(l)a non utilizzazione del servizio, ovvero il mancato ritiro dei dispositivi per il conferimento dei rifiuti non comportano alcun esonero o riduzione della tariffa corrispettiva, che viene applicata per la presenza dei presupposti”, nondimeno esso s’inserisce in un sistema il cui cardine è costituito dal rapportare la prestazione alla quantità dei rifiuti conferiti dall’utente del servizio.

4.3. Valenza decisiva va attribuita, segnatamente, all’art. 2, comma 3 del citato regolamento, che prevede che “(i)l servizio è reso secondo modalità che consentano di misurare in peso o in volume, la quantità di rifiuto secco conferito ai fini dell’applicazione del corrispettivo” ed all’art. 11, sulle modalità di calcolo delle varie componenti della tariffa, che, nel disciplinare due quote variabili accanto alla cd. quota fissa, la prima relativa alla raccolta differenziata, in particolare con la seconda prevede la “quota variabile a misura”, ragguagliata alla quantità di rifiuto secco indifferenziato prodotto dalla singola utenza e oggetto di specifica misurazione, secondo i criteri di cui al succitato D.M. 20 aprile 2017, art.4.

4.3.1. Anche l’art. 10, al comma 2, sebbene rimandi, in generale, quanto alla conformazione delle tariffe in base alle quali commisurare il “Corrispettivo per i Rifiuti”, ai criteri contenuti nel D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, prevede poi che “(i) coefficienti di produttività specifica e di adattamento sono commisurati alle reali quantità di rifiuti, aggregati per tipologia, conferite al servizio pubblico, nonché al sistema di misurazione della frazione Secca Residua posto in essere.

4.3.2. Coerente, infine, con la natura di tariffa avente natura di corrispettivo del servizio goduto è altresì la disposizione regolamentare (art. 33), del tutto ignorata dalla ricorrente, che devolve alla cognizione del giudice ordinario “le controversie relative al Corrispettivo per i rifiuti”; norma secondaria che va intesa come ulteriore indice sintomatico della volontà da parte del Comune di Gonzaga di delineare il sistema normativo della cd. Tariffa corrispettivo in termini assolutamente alternativi alla TARI avente natura tributaria.

  1. Alla stregua delle considerazioni che precedono deve essere, pertanto, affermata in materia, la giurisdizione del giudice ordinario.
  2. La disciplina delle spese del presente regolamento di giurisdizione resta demandata al giudice ordinario territorialmente competente dinanzi al quale vanno rimesse le parti.

P.Q.M. 

Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2021


COMMENTO– Stabilisce l’art. 1, comma 668, Legge 27 dicembre 2013 n.147 che “I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI. Il comune nella commisurazione della tariffa può tenere conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. La tariffa corrispettiva è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani”.

L’ordinanza in commento, conclusiva di un regolamento di giurisdizione, statuisce la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sulla predetta tariffa, proprio in quanto avente natura corrispettiva, e non già tributaria.

Per suffragare tale conclusione risulta dirimente non tanto il nomen iuris assegnato a detta prestazione dall’art. 1, comma 668, Legge 147/2013 (i.e.: “tariffa avente natura corrispettiva”), quanto piuttosto la sua configurazione in termini alternativi e contrapposti rispetto alla tassa sui rifiuti, della quale è pacifica la natura tributaria.

Rilevante risulta altresì la statuizione del precedente art. 1, comma 667, Legge 147/2013, secondo cui “Al fine di dare attuazione al principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell’Unione europea”. 

Il relativo decreto – i.e.: Decreto Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 20 aprile 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 maggio 2017 n. 117-, pur non avendo chiaramente definito la cd. “TARIP” (“tariffa puntuale”) o “TARIC” (“tariffa corrispettiva”) in termini di radicale alternativa rispetto al tributo TARI, ha costituito comunque il necessario presupposto affinché potesse istituirsi detta tariffa, prevedendo in particolare, all’art. 4, che “(l)a misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti si ottiene determinando, come requisito minimo, il peso o il volume della quantità di RUR – i.e.: rifiuto urbano residuo, o indifferenziato, quale definito dall’art. 2 del medesimo Decreto- conferito da ciascuna utenza al servizio pubblico di gestione dei rifiuti“.

Nel caso di specie, il Comune di Gonzaga aveva approvato, con propria delibera del Consiglio comunale, il “Regolamento per la disciplina del corrispettivo per i rifiuti in luogo della TARI“, con decorrenza dal 1° gennaio 2018 (annualità oggetto del contenzioso tra le parti di causa).

Con tale regolamento, il predetto Comune ha quindi inteso esercitare, nell’ambito della propria potestà regolamentare, l’opzione di cui all’art. 1, comma 668, Legge 147/2013, delineando la disciplina di tariffa “corrispettivo” per i rifiuti, in luogo della TARI, ossia alternativamente ad essa, con il chiaro intento di rapportare la prestazione patrimoniale dovuta alla quantità dei rifiuti effettivamente conferiti dall’utente al servizio pubblico di gestione dei rifiuti.

Valenza decisiva viene attribuita agli artt. 2, comma 3, e 11 del regolamento comunale.

Il primo stabilisce che “(i)l servizio è reso secondo modalità che consentano di misurare in peso o in volume, la quantità di rifiuto secco conferito ai fini dell’applicazione del corrispettivo”; il secondo disciplina le modalità di calcolo delle componenti della tariffa, prevedendo due quote variabili accanto alla cd. “quota fissa”. In particolare, la “quota variabile a misura” viene ragguagliata alla quantità di rifiuto secco indifferenziato prodotto dalla singola utenza e oggetto di specifica misurazione, secondo i criteri di cui all’art. 4 D.M. 20 aprile 2017.

Ancora, l’art. 10, comma 2, del regolamento comunale prevede che “(i) coefficienti di produttività specifica e di adattamento sono commisurati alle reali quantità di rifiuti, aggregati per tipologia, conferite al servizio pubblico, nonché al sistema di misurazione della frazione Secca Residua posto in essere”.

Infine, l’art. 33 del regolamento comunale devolve alla cognizione del giudice ordinario “le controversie relative al Corrispettivo per i rifiuti”: anche tale disposizione appare coerente con la natura di tariffa corrispettiva del servizio goduto e costituisce un ulteriore indice sintomatico della volontà, da parte del Comune di Gonzaga, di delineare il sistema normativo della cd. “Tariffa corrispettivo” in termini assolutamente alternativi rispetto alla TARI, avente natura tributaria.

Per tali motivi, viene affermata la giurisdizione del giudice ordinario territorialmente competente, dinanzi al quale le parti vengono rimesse anche per la disciplina delle spese processuali relative al regolamento di giurisdizione concluso con l’ordinanza in commento.