Cass. civ., Sezioni Unite, sent., 29 gennaio 2021 n. 2144


Svolgimento del processo

La società [OMISSIS ….] s.r.l. si aggiudicò l’affidamento del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione delle imposte comunali di pubblicità e per l’occupazione degli spazi pubblici del comune di San Teodoro, stipulando il 15 marzo 2011 il relativo contratto, ove venne fra l’altro determinato l’aggio del concessionario nella misura del 10,47% rapportato all’ammontare lordo complessivamente ed effettivamente riscosso a titolo di canone di occupazione di suolo ed aree pubbliche. Fra il luglio ed il settembre dell’anno 2012 il consiglio comunale adottò alcuni provvedimenti con i quali venne disposta la modifica del gettito tributario relativo ad annualità di imposte evase per gli anni dal 2006 al 2011, mediante la previsione di agevolazioni e condoni, riducendo altresì la tariffa per le occupazioni di suolo pubblico per l’anno di esercizio 2012.

La società concessionaria convenne quindi innanzi al Tribunale di Sassari il comune di San Teodoro chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per violazione del principio della buona fede nell’esecuzione del contratto di concessione del servizio di riscossione dei tributi, in relazione ai provvedimenti successivamente adottati dal comune e destinati ad incidere sul corrispettivo contrattuale.

Il Tribunale di Sassari dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo che non fosse controverso il pagamento dell’aggio stabilito in contratto, al cui interno non era stato previsto un minimo garantito per ciascuna annualità della concessione, né la variazione del corrispettivo in ragione della riscossione complessivamente conseguita, risultando piuttosto in discussione l’adozione di una modifica regolamentare dalla quale era derivata la riduzione dell’entrata fiscale, in modo da alterare l’equilibrio tra le rispettive posizioni del rapporto di concessione.

La Corte di appello di Cagliari, con la sentenza della sez. di Sassari n. 84/19, pubblicata il 20.2.2019, di cui all’epigrafe confermò la decisione del giudice di primo grado, respingendo l’appello proposto dalla società [OMISSIS ….]. Evidenziò, in particolare, che i provvedimenti con i quali l’amministrazione comunale aveva variato le tariffe per l’occupazione di suolo pubblico e disposto la definizione agevolata del canone erano destinati non già a regolamentare il corrispettivo della concessione, ma ad introdurre forme agevolate di sanatoria dell’imposta comunale, per cui l’effetto sul piano patrimoniale prodotto da tali determinazioni non era scindibile dalla valutazione del potere esercitato nell’interesse pubblico facente capo al comune, correlato all’introduzione di forme di condono o di riduzione del gettito tributario.

La società [OMISSIS ….] ha proposto ricorso innanzi a queste Sezioni Unite per motivi di giurisdizione, affidato ad un motivo.

Il comune di San Teodoro si è costituito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

La causa è stata posta in decisione all’udienza dell’1.12.2020.

Motivi della decisione

  1. La ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 195 del 2011, art. 133, comma 1, lett. c). Secondo la ricorrente la controversia proposta non rientrerebbe nell’ambito di quelle devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, spettando alla giurisdizione ordinaria in quanto avente contenuto meramente patrimoniale. Non assumerebbe, dunque, alcun rilievo l’esercizio di un potere da parte della p.a., invece venendo in rilievo la violazione da parte della p.a. del dovere di buona fede e lealtà manifestatosi per effetto dello stravolgimento del contratto derivato dalla contrazione del corrispettivo contrattuale convenuto, causativo del conseguente danno derivato dall’essere comunque tenuta al mantenimento dei costi di rilevazione, accertamento e gestione del personale. Secondo la ricorrente la potestà regolamentare esercitata dal comune, pur legittimamente esercitata, non avrebbe eliso l’obbligo del comune di tenere indenne la posizione contrattuale del contraente privato che aveva eseguito correttamente le prestazioni contrattuali, salvaguardandone comunque l’aspettativa economica. Ragion per cui la posizione paritetica fra i contraenti conseguente all’aggiudicazione del contratto, ove non incisa dall’esistenza di poteri autoritativi specifici riconosciuti all’Amministrazione, avrebbe determinato la giurisdizione del giudice ordinario secondo i criteri generali di riparto.
  2. Il ricorso è fondato e deve essere riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, risultando errata la soluzione prospettata dal giudice di appello in punto di giurisdizione del giudice amministrativo.
  3. Nel caso qui all’esame delle Sezioni Unite viene in rilievo il contratto concluso fra le parti, accessivo alla concessione – in favore della società qui ricorrente- del servizio pubblico di riscossione di  tributi locali facenti capo al comune di San Teodoro, dolendosi la società concessionaria della statuizione che, nel confermare la pronunzia di primo grado, ha ritenuto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria proposta nei confronti dell’amministrazione comunale, involgendo l’esercizio di poteri amministrativi da parte del comune.

3.1. Il contratto del quale qui si discute concerne, come si è già visto, il servizio di riscossione di una parte delle entrate comunali ed è sicuramente sussumibile nell’ambito dei contratti relativi a servizi pubblici, dovendosi pertanto verificare la ricorrenza, nel caso di specie, di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva, come sostenuto dalla Corte di appello di Cagliari e già dal Tribunale di Sassari, ovvero che la controversia rimanga attratta dalla giurisdizione del giudice ordinario.

3.2. Orbene, occorre ricordare che la giurisdizione rispetto alla controversia pendente è regolata dall’assetto normativo scaturito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7.

3.3. In esito a tale pronunzia il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, comma 1, come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, lett. a), è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui prevedeva che fossero devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi anziché “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.

3.4. Orbene, secondo i principi ormai consolidati espressi da queste Sezioni Unite, la decisione della Corte costituzionale appena ricordata ha determinato il sostanziale ritorno al criterio di riparto a suo tempo operante nel regime della L. n. 1034 del 1971, art. 5, poi recepito, senza sostanziali modifiche, dal Codice del processo amministrativo, emanato con il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. c), – cfr. Cass., S.U, 10 aprile 2018, n. 28053.

3.5. In particolare, il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante il codice del processo amministrativo, entrato in vigore il 16 settembre 2010 prevede, all’art. 133 c.p.a., comma 1, lett. c) che “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità” sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

3.6. Ora, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di chiarire che in tema di concessioni di servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione, sia se implicanti la costruzione (e gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta di giudicare sugli adempimenti (e sui relativi effetti) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonché di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo; resta ferma, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui l’amministrazione, sia pure successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di eventuali altri poteri riconosciuti dalla legge, o comunque adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. n. 241 del 1990, oltre che nei casi tassativamente previsti (come quello di cui all’art. 133 c.p.a., comma 1, lett. e, n. 2). Cass. n. 32728 del 18/12/2018.

3.7. In continuità con i principi sopra ricordati, si è ritenuto che quando non viene in considerazione l’esercizio di poteri autoritativi da parte della p.a. ma unicamente il rispetto da parte delle stessa dei criteri generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., la giurisdizione appartiene al giudice ordinario (Cass., S.U., 5 aprile 2017, n. 8799; Cass., S.U.,22 marzo 2016, n. 9281; Cass., S.U., 4 aprile 2011, n. 21060; Cass., S.U., 29 gennaio 2013, n. 21671).

3.8. In questa prospettiva, si è ancora più di recente sottolineato che quando l’oggetto della controversia ruota attorno al comportamento della p.a., all’affidamento ingenerato in capo al privato ed alle regole di buona fede il contegno dell’amministrazione va valutato su un piano diverso rispetto a quello della scansione degli atti procedimentali che conducono al provvedimento con cui viene esercitato il potere amministrativo. Cass., S.U., 28 aprile 2020, n. 8236/2020 ha infatti chiarito che detto comportamento si colloca in una dimensione relazionale complessiva tra l’amministrazione ed il privato, nel cui ambito un atto provvedimentale di esercizio del potere amministrativo potrebbe mancare del tutto o, addirittura, essere legittimo, così da risultare un frammento legittimo di un mosaico connotato da una condotta complessivamente superficiale, violativa dei più elementari obblighi di trasparenza, di attenzione, di diligenza, al cospetto dei quali si stagliano i corrispondenti diritti soggettivi di stampo privatistico.

3.9. Per altro verso, si è ritenuto che in caso di concessione di servizi pubblici, la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della concessione, nonché le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge- Cass., S.U., 7 maggio 2019, n. 18267.

3.10. In definitiva, in materia di concessioni amministrative, tanto l’art. 133, comma 1, lett. b) del codice del processo amministrativo (approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104) che la L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 5 (applicabile “ratione temporis”), nell’attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia relativa ai rapporti di concessione di beni e servizi pubblici, presuppongono che, nelle relative controversie, rimanga coinvolta la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero che sia implicato l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella previsione del complessivo assetto negoziale (cfr. Cass., S.U., 26 febbraio 2019, n. 9682 che ricorda Cass., S.U., 27 giugno 2001, n. 13903; Cass., S.U., 27 settembre 2011, n. 20939 e Cass., S.U., 10 aprile 2018, n. 21597).

3.11. Orbene, va anzitutto esclusa, in parte qua, la giurisdizione della Corte dei Conti, essendo queste Sezioni Unite ferme nel ritenere che a tali fini è necessaria “la ricorrenza di atti e comportamenti, intervenuti nell’ambito del rapporto gestorio tra l’ente pubblico e l’agente, costituenti violazioni di specifici schemi procedimentali di tipo contabile, stabiliti, cioè, per la regolarità dell’effettuazione, del servizio” (Cass., S.U., 10 dicembre 1999 n. 874, in motivazione e Cass., S.U., 16 novembre 1994 n. 9682, con riferimento alla vigenza del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 44, Cass., S.U., 25 settembre 2012, n. 22265), il che non si riscontra nella fattispecie in esame, dove l’azione risarcitoria promossa dal concessionario non scaturisce dalla gestione e dal maneggio di danaro pubblico.

3.12. Nemmeno può ritenersi che si discuta qui della verifica dei rapporti di dare e avere e/o del risultato finale di tali rapporti, che dà luogo ad un “giudizio di conto” (Cass., S.U., 18 giugno 2018, n. 16014; 16 novembre 2016, n. 23302; Cass., S.U., 11 febbraio 2020, n. 5595) facendosi questione, nel giudizio promosso dalla società concessionaria contro il comune di San Teodoro, della lesione dell’equilibrio contrattuale derivata dall’adozione di provvedimenti resi dal comune incidenti sul gettito fiscale.

3.13. Ne consegue che la soluzione della vicenda in punto di giurisdizione va ricercata nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite – già ricordata – che riserva le controversie relative ai rapporti successivi all’atto autoritativo a seguito del quale è stata conclusa la concessione alla giurisdizione del giudice ordinario.

3.14. Nel caso di specie la società [OMISSIS ….] s.r.l. che si è vista aggiudicare la concessione per il servizio di accertamento, liquidazione, riscossione volontaria e coatta dell’imposta comunale sulla pubblicità, i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone di occupazione di suolo pubblico per la durata di 36 mesi, ha stipulato con detta amministrazione un contratto nel quale era prevista la corresponsione di un aggio sulla riscossione complessiva a qualsiasi titolo eseguita pari al 10.47 % e rapportato in misura unica all’ammontare lordo complessivamente ed effettivamente riscosso a titolo di canone di occupazione di suolo ed aree pubbliche, imposta comunale sulla pubblicità, diritto sulle pubbliche affissioni e relative sanzioni ed interessi.

3.15. Ora, la società concessionaria si duole degli effetti negativi prodotti dalle determinazioni amministrative che detta amministrazione comunale, nell’esercizio della propria discrezionalità, ha deciso di applicare, disponendo forme di definizione agevolata delle imposte oggetto del servizio di riscossione sopra rammentate ed, inoltre, escludendo dall’assoggettamento all’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni i passi carrabili.

3.16. Orbene, tali delibere, della cui legittimità la società concessionaria non dubita in alcun modo, avrebbero tuttavia determinato una modifica dell’equilibrio del contratto accessivo alla concessione, determinando un pregiudizio di natura patrimoniale in relazione al corrispettivo sotto forma di aggio originariamente pattuito e parametrato in misura proporzionale a quella dei tributi riscossi, di guisa che la riduzione delle imposte esigibili per effetto delle definizioni agevolate e dell’esclusione dall’imposta di pubblicità per i passi carrabili, entrambe scelte adottate nell’ambito di poteri amministrativi riconosciuti ex lege-cfr. art. 3, comma 63, avrebbero determinato un pregiudizio di natura patrimoniale in danno della stessa società che è stato appunto oggetto dell’azione risarcitoria promossa innanzi al tribunale di Nuoro nei confronti del comune di San Teodoro.

3.17. Sicché, avuto riguardo al criterio del “petitum sostanziale” correlato alla concreta “causa petendi” dedotta in giudizio (e dunque all’intrinseca natura della posizione fatta valere in ragione dei fatti allegati e del rapporto giuridico ad essi connessi), è indubbio che nella controversia qui esaminata non viene in alcun modo in discussione la legittimità degli atti amministrativi comunali incidenti sul contratto accessivo alla concessione del pubblico servizio di riscossione e l’esercizio del potere ad essi connesso, piuttosto contestandosi le ripercussioni negative di ordine patrimoniale dagli stessi prodotti sull’equilibrio dell’intesa ed il rispetto del canone della buona fede negoziale nell’esecuzione del rapporto. Ciò che pone il petitum sostanziale all’interno della fase attuativa del rapporto di concessione – riservato alla cognizione del giudice ordinario- implicando unicamente il coinvolgimento di posizioni riconducibili a diritti soggettivi.

3.18. Non vi è, in definitiva, controversia in ordine alla legittimità degli atti adottati dal comune di San Teodoro, piuttosto discutendosi delle conseguenze che gli stessi hanno prodotto sull’intesa negoziale e sul comportamento dell’amministrazione comunale che, in fase attuativa dell’intesa, avrebbe adottato un contegno idoneo a frustare l’equilibrio negoziale in pregiudizio del concessionario.

  1. Alla stregua di tali considerazioni, appare coerente la conclusione che orienta verso la giurisdizione del giudice ordinario, non risultando in questa sede rilevante verificare i presupposti per l’adozione delle scelte dell’amministrazione comunale, di natura evidentemente discrezionale, in quanto in entrambe le ipotesi espressamente prevista dalla legge, quanto gli effetti di tali fatti sull’equilibrio stesso delle pattuizioni ivi contenute.

4.1. Deve pertanto concludersi che l’incidenza di atti amministrativi sull’accordo negoziale non è dunque correlata alla loro legittimità, quanto alla circostanza che essi finiscono, secondo la prospettazione della società [OMISSIS ….] s.r.l., coll’influenzare l’originario equilibrio negoziale mettendo in discussione il comportamento tenuto dall’amministrazione comunale nella fase attuativa del rapporto negoziale.

  1. A tali principi non risulta essersi conformata la sentenza impugnata sicché, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rimessa al Tribunale di Sassari, in diversa composizione, che pure provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di appello e di quello di legittimità.

P.Q.M. 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Sassari, che in diversa composizione provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di appello e di quello di legittimità.

Così deciso in Roma, dalle Sezioni Unite, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2021


COMMENTO – La vicenda in esame vede contrapposti un Ente locale (i.e.: Comune di San Teodoro) ed una società concessionaria del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione dell’imposta comunale di pubblicità e dell’imposta per l’occupazione degli spazi pubblici, in favore della quale era stato pattuito un aggio in misura del 10,47%, rapportato all’ammontare lordo complessivamente ed effettivamente riscosso per le due predette imposte.

Successivamente alla stipula del contratto di concessione del servizio, il Comune adottava alcune delibere mediante le quali, attraverso la previsione di una serie di agevolazioni e condoni, andava a modificare il gettito tributario.

La società concessionaria, pur non contestando la legittimità dell’adozione di tali delibere, lamentava tuttavia che le stesse avessero alterato a suo sfavore il sinallagma contrattuale, comportando una diminuzione del corrispettivo del contratto di concessione, e chiedeva pertanto la condanna del Comune al risarcimento dei danni.

Sia in primo grado, sia in appello, il giudice ordinario adito dalla società concessionaria declinava tuttavia la propria giurisdizione sulla materia: non essendo controverso il pagamento dell’aggio, ma l’adozione di una modifica regolamentare che aveva ridotto  l’entrata fiscale, alterando così l’equilibrio tra le prestazioni del contratto di concessione, la controversia sarebbe dovuta spettare alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Avverso tale statuizione la società concessionaria proponeva ricorso per Cassazione che, con la sentenza in commento, trova pieno ed integrale accoglimento, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.

La Corte di Cassazione esclude in primo luogo la sussistenza della giurisdizione contabile della Corte dei Conti, per la quale è necessaria “la ricorrenza di atti e comportamenti, intervenuti nell’ambito del rapporto gestorio tra l’ente pubblico e l’agente, costituenti violazioni di specifici schemi procedimentali di tipo contabile, stabiliti, cioè, per la regolarità dell’effettuazione del servizio” (Cass. civ., Sezioni Unite, 10 dicembre 1999 n. 874; Cass. civ., Sezioni Unite, 16 novembre 1994 n. 9682; Cass. civ., Sezioni Unite, 25 settembre 2012 n. 22265). Nel caso di specie, poiché l’azione risarcitoria promossa dalla società concessionaria non scaturiva dalla gestione e dal maneggio di denaro pubblico, né dalla verifica di rapporti di dare e avere, che potessero dar luogo ad un giudizio di conto, la giurisdizione contabile doveva essere esclusa.

Per ciò che concerne il riparto di giurisdizione tra il giudice ordinario ed il giudice amministrativo, la Corte di Cassazione premette che il contratto di cui si discute rientra certamente nella categoria dei contratti relativi a servizi pubblici, avendo ad oggetto il servizio di riscossione di una parte delle entrate comunali.

Pertanto, la giurisdizione sulla relativa controversia deve individuarsi sulla base dell’assetto normativo risultante dalla sentenza Corte Costituzionale 06 luglio 2004 n. 204.

Tale pronuncia ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, D.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall’art. 7, lettera a), della Legge 21 luglio 2000 n. 205, nella parte in cui prevedeva che fossero devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le controversie in materia di pubblici servizi” anziché “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi“.

A seguito di tale pronuncia di illegittimità costituzionale, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo è tornato ad essere quello già previsto dall’art. 5 Legge 06 dicembre 1971 n. 1034, e ad oggi sostanzialmente riprodotto nell’attualmente vigente art. 133, comma 1, lettera c), D.lgs. 02 luglio 2010 n. 104 (secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi …”).

Pertanto, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le volte in cui l’Amministrazione, sia pure successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con propri atti autoritativi, idonei ad incidere direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di eventuali altri poteri riconosciuti dalla legge.

In assenza dell’emanazione di un atto autoritativo da parte della Pubblica Amministrazione, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, che sia successiva all’aggiudicazione, sono invece devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, a prescindere dal fatto che tali controversie siano oppure no collegate alla costruzione, alla gestione o all’esecuzione dell’opera pubblica.

Nelle controversie relative alla fase esecutiva del rapporto e successive all’aggiudicazione, nelle quali non venga in considerazione l’emanazione di un atto autoritativo della Pubblica Amministrazione, al giudice ordinario spetta giudicare sugli adempimenti e sui reciproci diritti ed obblighi dell’Amministrazione e del Concessionario, potendo egli valutare in via incidentale la legittimità degli atti amministrativi che incidano sulla determinazione del corrispettivo.

Parimenti, spettano alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie nelle quali si discuta la violazione, da parte della Pubblica Amministrazione, dei canoni contrattuali di matrice civilistica della correttezza (art. 1175 c.c.) e della buona fede oggettiva (art. 1375 c.c.), alla stessa applicabili anche alla luce dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 Costituzione), e, più in generale, le controversie che abbiano ad oggetto l’affidamento che la Pubblica Amministrazione medesima, con il proprio comportamento, abbia ingenerato nel privato.

Per quanto più direttamente concerne le concessioni di servizi pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sussiste unicamente nei casi in cui la Pubblica Amministrazione eserciti poteri autoritativi tipici, espressamente attribuiti alla stessa dalla legge; la giurisdizione del giudice ordinario riguarda invece le indennità, i canoni e gli altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, e si estende anche alle questioni relative all’adempimento o all’inadempimento della concessione, nonché alle relative conseguenze risarcitorie, trattandosi di un rapporto paritetico tra le parti (Cass. civ., Sezioni Unite, 07 maggio 2019 n. 18267).

Nel caso di specie, la società concessionaria lamentava gli effetti negativi prodotti dalle determinazioni amministrative che l’Amministrazione comunale, nell’esercizio della propria discrezionalità, aveva deciso di applicare, disponendo forme di agevolazione, esenzioni e condoni sulle imposte oggetto del contratto di concessione.

La società concessionaria non metteva in discussione la legittimità intrinseca di tali delibere, ma lamentava che le stesse le avessero causato un pregiudizio di natura patrimoniale, in relazione al corrispettivo, sotto forma di aggio, originariamente pattuito e parametrato in misura proporzionale a quella dei tributi riscossi. 

In sostanza, quindi, contestava non già l’intrinseca legittimità di tali delibere comunali, bensì le ripercussioni che le stesse avevano causato nel sinallagma contrattuale tra l’Ente locale e la società concessionaria, a discapito del corrispettivo dovuto a quest’ultima.

Pertanto, il petitum sostanziale, implicando unicamente il coinvolgimento di posizioni riconducibili a diritti soggettivi, si pone all’interno della fase attuativa del rapporto di concessione, riservato alla cognizione del giudice ordinario.

Per tale motivo, la sentenza in commento, in accoglimento del ricorso della società concessionaria ed in totale riforma delle due precedenti statuizioni di merito, afferma la giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia de qua.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma