Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 15-05-2018) 15-06-2018, n. 15869


A seguito della cancellazione d’ufficio delle società del gruppo Equitalia dal registro delle imprese, a decorrere dal 1° luglio 2017, in virtù dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 193 del 2016, conv. con modif. in l. n. 225 del 2016, la successione a titolo universale, prevista dal comma 3 del detto articolo, in favore dell’Agenzia delle entrate-riscossione, non costituisce una successione nel processo ai sensi dell’art. 110 c.p.c., bensì una successione nei rapporti giuridici controversi ex art. 111 c.p.c., poiché, in ragione del “venir meno” della parte, è stato normativamente individuato un soggetto giuridico destinatario del trasferimento delle funzioni precedentemente attribuito alla stessa. Ne deriva che i giudizi pendenti proseguono regolarmente, con il subentro del successore, senza necessità di interruzione

Svolgimento del processo

A.A. esponeva di avere ricevuto, in data 11.1.2008, la notificazione di alcune intimazioni di pagamento e di averle impugnate, in data 12.2.2008, davanti il Tribunale di Asti il quale aveva declinato la propria giurisdizione ritenendo la competenza del Giudice Tributario. Avendo prestato acquiescenza alla sentenza, aveva proposto il ricorso davanti la CTP di Asti.

La CTP di Asti dichiarava inammissibile il ricorso perchè proposto oltre i 60 giorni dalla notifica delle intimazione di pagamento, avvenuta in data 11.1.2008.

La pronuncia veniva appellata dalla contribuente.

La CTR del Piemonte con sentenza n. 76/10/2011 notificata il 26.10.2011 respingeva l’appello sul presupposto che la contribuente aveva solo affermato di avere, in precedenza, impugnato le intimazioni davanti al Tribunale di Asti.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Equitalia Nord s.p.a. resiste con controricorso.

Con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la ricorrente chiedeva l’interruzione del processo a seguito dello scioglimento e della conseguente cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese ed estinzione delle società del gruppo Equitalia disposta con D.L. n. 193 del 2016.

Motivi della decisione

  1. Va preliminarmente disattesa la richiesta di interruzione del processo.

1a. Il D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 1 prevede che: “A decorrere dal 1 luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte. Le stesse sono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione…..

Il D.L. n. 193 del 2016, art. 12, comma 2 dispone che: “dalla data di cui al comma 1, l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale, di cui al D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, riattribuito all’Agenzia delle Entrate di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300,art. 62 è svolto dall’ente strumentale di cui al comma 3″.

Il comma 3, espressamente richiamato dalla precedente disposizione normativa, recita: “Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, è istituito un ente pubblico economico, denominato “Agenzia delle entrate – Riscossione” sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. L’Agenzia delle entrate provvede a monitorare costantemente l’attività dell’Agenzia delle entrate – Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicità. L’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo 1, capo 2, e al titolo 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione”.

Sul piano processuale alla nuova società appare correlato un effetto di successione non nel processo, ex art. 110 c.p.c., ma nei singoli rapporti facenti capo alle precedenti concessionarie del servizio di riscossione.

Tale effetto rimanda alla successione ex lege nei rapporti controversi ex art. 111 c.p.c..

In base all’art. 110 c.p.c., la successione nel processo è circoscritta all’ipotesi del “venir meno della parte per morte o per altra causa”; mentre, ove una norma abbia concepito un nuovo soggetto giuridico come destinatario di un trasferimento di funzioni e di attribuzioni altrimenti prima conferite (come è accaduto, per esempio, quanto al rapporto tra il Ministero delle finanze, confluito nel Ministero dell’economia e delle finanze, e le agenzie fiscali, su cui v. sez. un. n. 3116-06 e con riferimento al trasferimento di funzioni dalle precedenti concessionarie ad Equitalia s.p.a v. Cass. 7318/2014), non si è dinanzi a una situazione rilevante ex art. 110 c.p.c., ma a una vicenda traslativa di posizioni attive e passive specificamente determinate. Nella specie vi è stata una successione nell’universalità dei rapporti facenti capo al soggetto inizialmente considerato, con trasferimento dei rapporti pendenti (art. 111 c.p.c.), nel caso specifico concernenti lo svolgimento della funzione disciplinata dalla legge.

Il processo può, conseguentemente proseguire.

  1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce in rubrica “violazione e falsa applicazione del diritto e, in particolare sulla inversione dell’onere probatorio”.

La censura non è fondata.

2a. La legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1) fissa per la proposizione del ricorso al giudice tributario un termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato. Il rispetto del suddetto termine costituisce condizione dell’azione d’impugnazione e pertanto, secondo i principi generali in materia di esercizio di azioni sottoposte a termini di decadenza, grava sul ricorrente l’onere di provare la tempestività del proprio ricorso. Quando la decadenza sia rilevabile di ufficio, come nel caso dell’impugnativa degli atti tributari, l’onere probatorio gravante sul ricorrente risulta soddisfatto dalla produzione della documentazione dimostrativa della data di notifica dell’atto impugnato.

Nella specie la CTR, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, ha verificato che la ricorrente non aveva provato di avere tempestivamente impugnato le intimazioni non avendo documentato l’esistenza di un giudizio davanti al Tribunale di Asti, il quale avrebbe deciso declinando la giurisdizione del Giudice ordinario.

  1. Con il secondo motivo la ricorrente deduce in rubrica “violazione e falsa applicazione dell’art. 50 c.p.c.” Lamenta in particolare la ricorrente che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che mancasse la prova della tempestiva notifica del ricorso di primo grado davanti al Tribunale di Asti.

La censura non è fondata.

3a. Come già evidenziato, la CTR ha accertato che non era stata documentata l’esistenza di un giudizio davanti al Tribunale di Asti.

Il motivo è, inoltre, formulato in violazione del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che ha codificato il principio di autosufficienza, in base al quale, secondo l’insegnamento costantemente impartito da questa Corte, nel ricorso devono essere presenti tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 15952 del 2007), imponendosi al ricorrente per cassazione di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, “gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura, oppure attraverso una riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione” (cfr. Cass. n. 1142 del 2014);

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la contribuente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3500,00 oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2018