Cass. Civ., sez. II, ord. 20 dicembre 2022, n. 37179


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PAPA Patrizia – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21515-2019 proposto da:

… Srl in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in …, presso lo studio dell’avv. … che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. …, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec.;                    – ricorrente –

contro

U.T.G. di FERRARA, in persona del Prefetto;                                                       – intimato –

avverso la sentenza n. 74/2019 del TRIBUNALE di FERRARA, depositata il 17/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2022 dal consigliere Dott. PAPA PATRIZIA.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza n. 199/2018, il Giudice di pace di Ferrara rigettò l’opposizione di … Srl avverso i due verbali di accertamento notificatile quale proprietaria del complesso veicolare targato (Omissis) e (Omissis) e obbligata in solido, per le violazioni, commesse dal conducente, dell’art. 142 C.d.S. e del D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286, art. 7, comma 6, (recante la disciplina per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore); era stato accertato, infatti, che il conducente circolava alla velocità di 111 km/h, nonostante il veicolo condotto fosse soggetto alla limitazione di 90 km/h.

In particolare, per quel che qui rileva, la società aveva sostenuto l’erroneità delle modalità di contestazione della violazione perché gli accertatori non avevano accompagnato il mezzo e l’autista presso una officina autorizzata come previsto dall’art. 142 C.d.S., comma 11 e non le era stato concesso un termine di trenta giorni per esibire la documentazione rilevante ex art. 7, comma 6, come invece prescritto dal successivo lo stesso D.Lgs. art. 8.

Adita in impugnazione dalla società … Srl , con sentenza n. 74/2019 pubblicata in data 17/1/2019 e non notificata, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello, condannando l’appellante al rimborso delle spese.

La Corte territoriale ha ritenuto che l’accompagnamento del mezzo presso un’officina autorizzata, per l’accertamento della funzionalità del cronotachigrafo non fosse necessario perchè gli agenti della Polizia stradale ne avevano già constatato il funzionamento; ha quindi escluso la violazione del D.Lgs. n. 286 del 2005, art. 8, per mancata concessione dei trenta giorni per l’esibizione della documentazione prevista dal precedente art. 7 dello stesso decreto, perché il conducente aveva esplicitamente dichiarato che non esistevano nè un contratto scritto, né istruzioni e i termini per l’esibizione sono invece concessi quando questi documenti esistano ma non si trovino a bordo del mezzo. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione … Srl per due motivi. La Prefettura non ha svolto difese.

Motivi della decisione

  1. Il primo motivo è rubricato “violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 142, comma 11, in relazione all’art. 360, comma 1, lett. e)”. Di là dell’indicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, lett. e) per individuare il vizio censurato, Napolitrans Srl ha, con un primo profilo, lamentato la falsa applicazione dell’art. 142 C.d.S.: il Tribunale avrebbe erroneamente trascurato, nell’interpretare e applicare la norma, l’avverbio “sempre” utilizzato dal legislatore, per cui l’accompagnamento del mezzo presso un’officina autorizzata, per i fini di cui al citato art. 179, comma 6-bis, sarebbe in ogni caso obbligatorio al fine di determinare la sanzione applicabile (diversa secondo ricorra alterazione, malfunzionamento o manomissione). Con un secondo profilo, la società ha, quindi, lamentato l’erronea ricognizione della fattispecie concreta: il Tribunale avrebbe infatti fondato l’esclusione dell’obbligo di accompagnamento sul comma 6 dell’art. 142 invece non applicabile alla fattispecie perchè concernente la diversa ipotesi di un accertamento a mezzo di strumenti in dotazione non dello stesso contravventore, ma dell’organo che ha accertato la violazione; avrebbe inoltre escluso la manomissione o il malfunzionamento del cronotachigrafo a bordo, ma questa circostanza non risulterebbe accertata dalla Polizia stradale.

Con il secondo motivo, rubricato violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 142, comma 11 e del D.Lgs. n. 286 del 2005, artt. 7 e 8, ancora una volta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, “lett. e”, la società ha sostenuto che il D.Lgs. n. 286 del 2005, artt. 7 e 8, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, imporrebbero la concessione di un termine di trenta giorni al proprietario del mezzo per l’esibizione del contratto o delle istruzioni quando questi documenti non siano stati rinvenuti a bordo, perché necessari all’accertamento della responsabilità del coobbligato proprietario.

  1. Preliminarmente, questa Corte ritiene di non dover disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso alla Prefettura di Ferrara, nulla in quanto effettuata presso l’Avvocatura distrettuale di Bologna anziché presso l’Avvocatura generale dello Stato: per le ragioni di seguito esposte, infatti, il ricorso è infondato e nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, devono essere evitati ed impediti comportamenti che ostacolino una sollecita definizione del giudizio: tra questi rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale e in formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo (cfr. Sez. 1 -, Ordinanza n. 6924 del 11/03/2020).
  2. Ciò precisato, il primo motivo è infondato.

Ai sensi dell’art. 279 C.d.S., comma 1, “nei casi previsti dal regolamento (CEE) n. 3821/85 e successive modificazioni, i veicoli devono circolare provvisti di cronotachigrafo, con le caratteristiche e le modalità d’impiego stabilite nel regolamento stesso. Nei casi e con le modalità previste dalle direttive comunitarie, i veicoli devono essere dotati altresì di limitatore di velocità”.

L’art. 142 dello stesso codice prevede, al comma 6, che per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità prescritti siano considerate fonti di prova “(…) le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento”.

Nella fattispecie, come è descritto nella sentenza di primo grado e come è stato riportato nella sentenza del Tribunale qui impugnata, nel verbale n. (Omissis) risultava contestato soltanto che il conducente del veicolo di proprietà della società ricorrente, tenuto all’utilizzo del limitatore di velocità, aveva superato il limite impostogli; l’illecito era stato accertato “a seguito di controllo stampa eccessi di velocità di cui si allega(va copia”, cioè proprio dalle rilevazioni dello stesso cronotachigrafo.

Non era stato oggetto di contestazione, invece, il mancato funzionamento o la manomissione del limitatore o del cronotachigrafo che sono stati perciò esclusi in primo e in secondo grado.

L’art. 142 C.d.S., comma 11, nella parte in cui prevede l’accompagnamento del mezzo presso un’officina autorizzata, è stato perciò correttamente ritenuto dai Giudici di merito inconferente perché tale obbligo ricorre unicamente nelle ipotesi di limitatori di velocità o di cronotachigrafi “alterati, manomessi ovvero comunque non funzionanti”, non certamente in tutte le ipotesi di superamento dei limiti di velocità da parte dei conducenti di uno dei veicoli indicati al comma 3, lettere b), e), f), g), h), i) e I).

Il legislatore ha chiaramente individuato, nel comma invocato dal ricorrente, due ipotesi illecite differenti.

La prima consiste nel superamento dei limiti di velocità nella misura specificata ai commi da 7 a 9 bis dello stesso art. 142, alla guida di un veicolo avente particolari caratteristiche come individuate al comma 3, lettere b), e), f), g), h), i) e I): in tale prima ipotesi le sanzioni già previste nei commi da 7 a 9 bis sono raddoppiate in considerazione proprio delle caratteristiche del veicolo e della maggiore pericolosità conseguente alla sua circolazione a velocità non consentita e, perciò, non prudenziale. La seconda è, invece, la diversa ipotesi individuata con il richiamo ai commi 2 bis e 3 dell’art. 179 e, cioè, la condotta di chi “circola con un autoveicolo non munito di limitatore di velocità ovvero circola con un autoveicolo munito di un limitatore di velocità avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate o non funzionante” e per il “titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose o di persone che mette in circolazione un veicolo sprovvisto di limitatore di velocità o di cronotachigrafo e dei relativi fogli di registrazione, ovvero con limitatore di velocità o cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante”: in tali casi, la condotta illecita è ulteriore rispetto al superamento dei limiti di velocità in quanto consistente nella circolazione con un veicolo tenuto all’utilizzo di limitatore di velocità o di cronotachigrafo e invece privo degli apparecchi e dei relativi fogli di registrazione, ovvero con limitatore di velocità o cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante; le sanzioni, infatti, sono previste autonomamente dai commi richiamati.

Soltanto in tale ipotesi “è sempre disposto l’accompagnamento del mezzo presso un’officina autorizzata”, perchè questa operazione è soltanto finalizzata a “l’accertamento ed il ripristino della funzionalità del limitatore di velocità o del cronotachigrafo” “alterati, manomessi ovvero comunque non funzionanti”, come previsto al citato art. 179, comma 6-bis esplicitamente richiamato.

L’art. 12 preleggi, invero, prevede che l’attività di interpretazione della legge implichi l’attribuzione alla norma da applicare del senso “fatto palese dal significato proprio delle parole”, ma “secondo la connessione di esse”; ciò significa che, ai fini di una corretta interpretazione è necessario ricostruire la fattispecie disciplinata dalla norma nella sua interezza, considerando la consecuzione logica di ciascuna unità lessicale scelta dal legislatore, come posta in correlazione dalla punteggiatura utilizzata e non soltanto estrapolando una parola: nella specie l’avverbio “sempre”, contenuto in una proposizione autonoma, in quanto separata dal resto del comma 11 da un punto, deve necessariamente essere coordinato con la preposizione “per” che, nella stessa proposizione separata, finalizza l’azione dell'”accompagnamento” (“per i fini di cui al comma 6-bis del citato art. 179”); conseguentemente, l’accompagnamento deve intendersi come obbligatorio soltanto nelle ipotesi a cui è stato finalizzato.

Anche il secondo motivo è infondato.

Il D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286, art. 7, comma 1, recante la “disciplina per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore”, prevede che “nell’effettuazione dei servizi di trasporto di merci su strada, il vettore è tenuto al rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari poste a tutela della sicurezza della circolazione stradale e della sicurezza sociale, e risponde della violazione di tali disposizioni”; al comma 6, quindi, considera rilevante, ai fini dell’accertamento della responsabilità, tra le violazioni delle disposizioni del codice della strada, anche il superamento dei limiti di velocità come previsto dall’art. 142.

Quindi, al comma 3, l’art. 7 prevede ancora che “in presenza di un contratto di trasporto di merci su strada stipulato in forma scritta, laddove il conducente del veicolo con il quale è stato effettuato il trasporto abbia violato le norme sulla sicurezza della circolazione stradale, di cui al comma 6, il vettore, il committente, nonché il caricatore ed il proprietario delle merci oggetto del trasporto che abbiano fornito istruzioni al conducente in merito alla riconsegna delle stesse, sono obbligati in concorso con lo stesso conducente, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 197 e successive modificazioni, qualora le modalità di esecuzione della prestazione, previste nella documentazione contrattuale, risultino incompatibili con il rispetto, da parte del conducente, delle norme sulla sicurezza della circolazione stradale violate”: in altri termini, il contratto di trasporto di merci su strada stipulato in forma scritta consente al vettore, al committente, nonché al caricatore ed al proprietario delle merci oggetto del trasporto di essere esonerati dalla responsabilità solidale quando contenga modalità di esecuzione della prestazione pienamente compatibili con il rispetto, da parte del conducente, delle norme sulla sicurezza della circolazione stradale. In tal caso, infatti, la violazione del codice della strada accertata è unicamente imputabile al conducente in quanto da lui commessa non per la necessità di eseguire la prestazione a cui si è obbligato.

Per questo motivo, il successivo art. 8 dello stesso decreto, prevede al comma 2 che, “in caso di mancata esibizione del contratto di trasporto in forma scritta da parte del conducente all’atto del controllo”, al vettore, al committente, nonché al caricatore ed al proprietario delle merci oggetto del trasporto sia concesso un termine di trenta giorni per presentare all’autorità competente la copia del contratto, al fine di scagionarsi da ogni responsabilità.

La concessione di questo termine, tuttavia, è pure subordinata alla condizione che “sia presente a bordo del veicolo una dichiarazione sottoscritta dal committente o dal vettore che ne attesti l’esistenza” e, pertanto, non ricorre in ogni caso in cui a bordo del veicolo non sia stato trovato il contratto scritto.

Questa interpretazione, ancora una volta, consegue al senso “fatto palese dal significato proprio delle parole”, “secondo la connessione di esse”: nel comma 2 dell’art. 8, infatti, la concessione del termine per l’esibizione è prevista in caso di mancata esibizione del contratto di trasporto in forma scritta da parte del conducente all’atto del controllo, ma purchè “sia presente a bordo del veicolo una dichiarazione sottoscritta dal committente o dal vettore che ne attesti l’esistenza”: la congiunzione “qualora” utilizzata dal legislatore introduce una frase condizionale, nel senso che indica cosa debba farsi se succeda qualcosa (il ritrovamento della dichiarazione dell’esistenza del contratto a bordo); per giunta, questa congiunzione è ulteriormente connessa con la congiunzione “e” alla ipotesi della mancanza del contratto prima individuata, correlando necessariamente la condizione della esistenza della dichiarazione a bordo all’ipotesi della mancanza del contratto.

E’ allora evidente che correttamente è stata esclusa l’applicabilità della previsione della concessione del termine alla fattispecie, atteso che nella sentenza di primo grado è riportato che, nel verbale (Omissis), gli agenti hanno dato atto che il conducente aveva riferito che non era proprio stato redatto un contratto in forma scritta e a bordo del veicolo non erano tenute istruzioni.

  1. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Non vi è statuizione sulle spese per mancata instaurazione del regolare contraddittorio del Ministero.

Si applica alla presente impugnazione, proposta dopo il 30.1.2013, D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (introdotto dalla legge di stabilità 228/12), che obbliga la parte, che proponga un’impugnazione inammissibile, improcedibile o totalmente infondata, a pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 23 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2022


COMMENTO REDAZIONALE- Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguarda l’ipotesi in cui il conducente del veicolo di proprietà della società ricorrente, tenuto all’utilizzo del limitatore di velocità, abbia superato il limite impostogli. Tale illecito era stato accertato “a seguito di controllo eccessi di velocità”, cioè proprio dalle rilevazioni dello stesso cronotachigrafo.

Veniva sostenuta dalla ricorrente l’erroneità della modalità di contestazione della violazione poiché gli accertatori non avevano accompagnato il mezzo e l’autista presso una officina autorizzata come previsto dall’art. 142 C.d.S., comma 11. Non era stato oggetto di contestazione, invece, il mancato funzionamento o la manomissione del limitatore o del cronotachigrafo.

Il Legislatore ha chiaramente individuato due ipotesi illecite differenti. La prima consiste nel superamento dei limiti di velocità nella misura specificata ai commi da 7 a 9 bis dello stesso art. 142, alla guida di un veicolo avente particolari caratteristiche come individuate al comma 3, lettere b), e), f), g), h), i) e I). In tale prima ipotesi le sanzioni, già previste nei commi da 7 a 9 bis, sono raddoppiate in considerazione proprio delle caratteristiche del veicolo e della maggiore pericolosità conseguente alla sua circolazione a velocità non consentita e, perciò, non prudenziale. 

La seconda è, invece, la diversa ipotesi individuata con il richiamo ai commi 2 bis e 3 dell’art. 179 e, cioè, la condotta di chi “circola con un autoveicolo non munito di limitatore di velocità ovvero circola con un autoveicolo munito di un limitatore di velocità avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate o non funzionante” e per il “titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose o di persone che mette in circolazione un veicolo sprovvisto di limitatore di velocità o di cronotachigrafo e dei relativi fogli di registrazione, ovvero con limitatore di velocità o cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante”.

In tali casi, la condotta illecita è ulteriore rispetto al superamento dei limiti di velocità in quanto consistente nella circolazione con un veicolo tenuto all’utilizzo di limitatore di velocità o di cronotachigrafo ed invece privo degli apparecchi e dei relativi fogli di registrazione, ovvero con limitatore di velocità o cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante; le sanzioni, infatti, sono previste autonomamente dai commi richiamati.

Soltanto in tale ipotesi “è sempre disposto l’accompagnamento del mezzo presso un’officina autorizzata”, perché questa operazione è soltanto finalizzata a “l’accertamento ed il ripristino della funzionalità del limitatore di velocità o del cronotachigrafo” “alterati, manomessi ovvero comunque non funzionanti”, come previsto al citato art. 179, comma 6-bis esplicitamente richiamato.