Cass. Civ., sez. V., ord., 30 marzo 2023, n.9051
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. CANDIA Ugo – Consigliere –
Dott. PICARDI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27282/2020 R.G. proposto da:
… Spa , elettivamente domiciliata in …, presso lo studio dell’avvocato … ((Omissis)), che la rappresenta e difende; – ricorrente –
contro
… Srl , elettivamente domiciliata in …, presso lo studio dell’avvocato … ((Omissis)), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato … ((Omissis)); – controricorrente –
nonchè contro
COMUNE DI BORGO A MOZZANO; – intimato –
avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. TOSCANA n. 77/2020 depositata il 16/01/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/03/2023 dal Consigliere PICARDI FRANCESCA.
Svolgimento del processo
… Srl ha impugnato gli avvisi di pagamento notificati da … Spa (affidataria del servizio di gestione della T.a.r.i. per il Comune di Borgo a Mozzano) per l’anno 2015 e per l’anno 2016 – con il primo l’ente impositore ha determinato la maggiore T.a.r.i. dovuta dalla contribuente in Euro 20.165,00, ritenendo efficace l’autocertificazione della minore superficie tassabile, contenente l’indicazione delle superfici soggette a tassazione e di quelle esenti, in quanto produttivi di rifiuti speciali auto-smaltiti solo dalla sua presentazione nel settembre 2015, ed ha, quindi, proceduto a compensazione con il credito T.a.r.i. della contribuente di Euro 24.704,00, riducendolo ad Euro 4.539,00; con il secondo ha determinato la T.a.r.i. in Euro 5.800,00, procedendo a compensazione con il credito residuo e chiedendo il pagamento di Euro 1.261,00.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado.
All’esito dell’appello, la sentenza di primo grado è stata riformata, il ricorso accolto e gli avvisi di pagamento annullati.
Nella sentenza si precisa che l’avviso di pagamento ha natura impositiva, in quanto manifesta una pretesa impositiva maggiore di quella riconosciuta dal contribuente in sede di autoliquidazione, e che la contribuente non ha comunicato una diversa distribuzione degli Spa zi e, dunque, una diversa quantificazione del tributo sulla base della mutata situazione dei luoghi, ma l’applicazione di una parziale esenzione sulla base della nuova disciplina entrata in vigore, sicchè il minor importo risulta dovuto dall’operatività del nuovo regime e non dalla dichiarazione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Sistema Ambiente Spa (affidataria del servizio di gestione della T.a.r.i. per il Comune di Borgo a Mozzano), corredato di memoria.
Ha resistito con controricorso la contribuente.
Parte ricorrente ha depositato un’istanza ed una memoria.
Fissata l’adunanza camerale del 16 marzo 2023, la causa è stata trattata in camera di consiglio, che si è svolta con modalità da remoto, ai sensi dell’art. 140 bis disp. att. c.p.c., in virtù di provvedimento del Presidente del collegio.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso Sistema Ambiente Spa ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, atteso che la contribuente, con l’impugnazione degli avvisi di pagamento relativi alla T.a.r.i. 2015 e 2016, ha in realtà denunciato non i vizi propri di tali atti, ma il mancato riconoscimento di un credito T.a.r.i. relativo alla precedente annualità 2014, nonostante la mancata impugnazione del diniego di rimborso, ormai diventato definitivo.
La censura è infondata, atteso che l’atto impositivo impugnato, nel portare in compensazione un credito tributario inferiore rispetto a quello asserito dalla contribuente, ha implicitamente rigettato la richiesta di rimborso dalla stessa avanzata, sicchè il ricorso introduttivo del giudizio ha ad oggetto vizi propri dell’atto impugnato e, cioè, riferiti al contenuto dello stesso. Nè rileva la circostanza che l’ente impositore abbia adottato un ulteriore atto di diniego dell’istanza di rimborso della contribuente, peraltro, contestualmente e, cioè, in pari data (24 giugno 2016), rispetto all’avviso di pagamento. La mera duplicazione formale dello stesso atto da parte dell’Amministrazione finanziaria non comporta per il contribuente l’onere di una duplice impugnativa e non esclude, pertanto, la possibilità per il contribuente, una volta impugnato l’avviso impositivo che abbia quantificato il debito tributario e contemporaneamente negato o ridotto il suo credito di rimborso, di far valere, in relazione a tale atto, il preteso diritto di credito/rimborso. Del resto, proprio dalla circostanza che si tratta della duplicazione formale dello stesso atto, adottato in pari data, deriva che non si pone alcun problema di decadenza dal termine di impugnazione.
Invero, a queste conclusioni la giurisprudenza di legittimità è già pervenuta in base alla distinzione tra atto ‘meramentè confermativo-ripetitivo ed atto di conferma invece adottato in base ad una nuova istruttoria e valutazione, ritenendo solo quest’ultimo soggetto all’onere di un’autonoma impugnazione: v. Cass., Sez. civ. 5, 18/07/2022, n. 22453, secondo cui, nel giudizio tributario, costituisce atto autonomamente impugnabile, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, il diniego di rimborso che non sia meramente confermativo di un precedente provvedimento, ma pervenga ad una conferma delle determinazioni già assunte a seguito di un supplemento istruttorio e contenga un’autonoma rivalutazione dell’istanza originaria, sulla base di un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata; ricorre, invece, un atto meramente confermativo, non autonomamente impugnabile, allorquando l’amministrazione, a fronte di un’istanza di riesame, si limiti a dichiarare l’esistenza di un precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione.
Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, commi 641, 642 e 646, e dell’art. 8 della parte II, Titolo VII, del regolamento comunale i.u.c. n. 7 del 30 aprile 2014 del Comune di Borgo a Mozzano, avendo i giudici di secondo grado annullato gli avvisi di pagamento e conseguentemente negato interamente la pretesa tributaria, che, invece, è dovuta quantomeno con riferimento alla minor superficie indicata dalla stessa contribuente (e determinata dall’ente, conformemente alle indicazioni della contribuente, relativamente ad un periodo dell’anno di imposta 2015 ed all’intero anno di imposta 2016).
Anche tale censura è infondata, in quanto dall’annullamento degli avvisi di pagamento non deriva affatto l’esclusione della debenza del tributo per la superficie inferiore indicata dalla stessa contribuente, ma piuttosto la correzione della quantificazione del credito di rimborso vantato dalla ricorrente. La sentenza non incorre, pertanto, nella violazione delle norme invocate, essendo erronea la interpretazione suggerita dalla ricorrente.
Con il terzo motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, essendo la sentenza del tutto priva della motivazione – più precisamente non indicando affatto nè il nuovo regime applicabile nè il minor importo dovuto nè le ragioni poste a giustificazione della conclusione raggiunta.
Il motivo è infondato, in quanto la sentenza contiene argomentazioni chiare ed esaustive, sia pure esposte in modo sintetico. A ciò si aggiunga che, in tema di ricorso per cassazione, qualora il ricorrente prospetti un difetto di motivazione che non riguarda un punto di fatto, bensì un’astratta questione di diritto, il giudice di legittimità, investito, a norma dell’art. 384 c.p.c., del potere di integrare e correggere la motivazione della sentenza impugnata, è chiamato a valutare se la soluzione adottata dal giudice del merito sia oggettivamente conforme alla legge, piuttosto che a sindacarne la motivazione, con la conseguenza che anche l’eventuale mancanza di questa deve ritenersi del tutto irrilevante, quando il giudice del merito sia, comunque, pervenuto ad una esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame (Cass., Sez. civ. 6 – 3, 28/5/2019, n. 14476). Da tale premessa deriva che, nel caso di specie, in cui si lamenta la lacunosità della motivazione in ordine alla soluzione giuridica adottata e non alla ricostruzione dei fatti, ciò che rileva è unicamente la corretta o non corretta interpretazione ed applicazione della normativa vigente, la cui verifica è oggetto del successivo motivo di ricorso.
Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 25 della parte II, Titolo VII, del regolamento comunale i.u.c. n. 7 del 30 aprile 2014 del Comune di Borgo a Mozzano, avendo i giudici di secondo grado ritenuto retroagire gli effetti della dichiarazione della contribuente, in contrasto con il chiaro tenore del regolamento e con il principio di ultrattività delle precedenti dichiarazioni.
La censura è fondata.
L’art. 25 del regolamento invocato, riportato nel ricorso, recita: “Le variazioni in diminuzione della TARI hanno effetto dal giorno successivo a quello in cui si è verificata la variazione, purchè sia dichiarata entro i 60 giorni successivi; in mancanza, esse decorrono dal giorno di presentazione della dichiarazione”. Si tratta di un atto normativo di completamento della disciplina in materia, sicchè la sua violazione può essere denunciata in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che consente la denuncia della violazione o falsa applicazione non della sola legge, ma delle norme di diritto, la cui fonte può essere, dunque, anche diversa dalla legge.
Come già chiarito da Cass., Sez. civ. 5, 28/02/2018, n. 4602, la finalità di questa disciplina è quella – da un lato – di fare salvo il diritto del contribuente di comunicare in ogni momento all’ente impositore la variazione delle condizioni di applicabilità della tariffa precedentemente emerse (variazioni che possono dipendere dal mutamento della situazione di fatto o di diritto, quale l’operatività di un diverso regime) e, dall’altro, di escludere che tale comunicazione possa esplicare efficacia retroattiva. Il primo scopo della disciplina regolamentare risponde al principio di generale emendabilità della dichiarazione fiscale nei dati di scienza, e non di natura volitivo negoziale in essa contenuti; la seconda finalità è conforme all’esigenza di indurre il contribuente alla sollecita presentazione della comunicazione di variazione e, al contempo, di preservare all’ente impositore la concreta possibilità di verificare tempestivamente, e sulla base dell’attualità di stato, il fondamento della variazione comunicata.
Tale disciplina regolamentare è del tutto in linea con la L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 646, ai sensi del quale “per l’applicazione della TARI si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini dei precedenti prelievi sui rifiuti”, sicchè l’applicazione del nuovo regime giuridico, qualora dipenda dalla determinazione delle superfici, come nel caso di specie, non può essere automatica, ma è subordinata alla dichiarazione del contribuente. Invero la L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 646, nel prevedere che per l’applicazione della T.a.r.i. si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini dei precedenti prelievi sui rifiuti, implicitamente esclude, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, che l’esenzione collegata alle superfici produttive di rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, operi automaticamente, con l’entrata in vigore della nuova disciplina, imponendo al contribuente l’onere di una apposita dichiarazione finalizzata a variare le superficie precedentemente dichiarate ed ad indicare le superfici produttive dei rifiuti speciali, posto che l’operatività del nuovo regime giuridico presuppone dati fattuali la cui indicazione integra un onere del contribuente.
Pure va ricordato che l’esclusione di efficacia retroattiva delle variazioni aventi ad oggetto la riduzione di superficie imponibile ai fini della fiscalità ambientale, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, integra un principio generale: v. Cass. n. 15867 del 04, secondo cui: “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, poichè la stessa, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1, che costituisce previsione di carattere generale, è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni), sia le deroghe alla tassazione indicate nel comma 2 del medesimo art. 62, sia le riduzioni delle superfici e tariffarie stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione, con l’ulteriore precisazione che le riduzioni di cui al citato art. 66 hanno effetto soltanto dall’anno successivo, come prescritto dal comma 5 della norma medesima”.
Con il quinto motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, avendo la Commissione tributaria regionale implicitamente ritenuto provata la destinazione della maggiore superficie alla produzione di rifiuti speciali esenti dalla T.a.r.i. in base ad una nuova prova (perizia non prodotta in primo grado).
Il motivo è infondato, in quanto, da un lato, non vi è alcun riferimento nella sentenza in esame alla perizia di parte, che non ha, dunque, costituito il fondamento della decisione, e, dall’altro lato, nel processo tributario, la perizia stragiudiziale, compresa quella di natura estimativa, costituisce un’allegazione difensiva a contenuto tecnico, sicchè essa può sempre essere prodotta quale documento proveniente da un terzo anche nel corso del giudizio di appello o anche con la memoria difensiva depositata nel termine di dieci giorni prima della udienza di discussione, in virtù del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, e art. 32, comma 2 (in questo senso Cass., Sez. 5, 27/12/2018, n. 33503).
3.In conclusione, il quarto motivo di ricorso deve essere accolto, rigettati gli altri, con conseguente cassazione della sentenza impugnata limitatamente a tale motivo e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, cui si demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri, e conseguentemente cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2023
MASSIMA– In tema di TARI, le variazioni delle condizioni di applicabilità dell’imposta hanno effetto dal giorno successivo a quello in cui si è verificato il mutamento della situazione di fatto o di diritto, ove dichiarate entro i 60 giorni successivi, altrimenti decorrono dal giorno della dichiarazione, poiché, pur essendo consentito al contribuente di comunicare in ogni momento all’ente impositore la variazione, si esclude che la stessa possa esplicare efficacia retroattiva.