Cass. civ. Sez. VI-5, Ord.,  26 novembre 2021, n. 36959


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 108-2019 proposto da:

COMUNE DI FRANCAVILLA FONTANA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato …;                                                – ricorrente –

contro

… SRL;                                                                                                                                                                                    – intimata –

avverso la sentenza n. 1881/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

Svolgimento del processo

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento riguardante la TARSU/TIA per l’anno d’imposta 2011 sostenendo di avere diritto all’esenzione per tutte le superfici dell’opificio aziendale destinato alla produzione di imballaggi secondari e terziari per i quali provvedeva autonomamente alla smaltimento in quanto non riconducibili alla categoria dei rifiuti assimilabili ai rifiuti urbani;

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente confermando l’impostazione del comune di Francavilla Fontana, ossia ritenendo che gli imballaggi fossero qualificabili come secondari e assimilabili ai rifiuti urbani mentre gl imballaggi terziari erano capaci di esenzione dalla tassazione purché prodotti in modo continuativo e prevalente rispetto ad altri rifiuti producibili dalla stesse superfici soggette a tassazione;

avverso tale decisione proponeva appello la società contribuente depositando una perizia giurata dalla quale si rileva che la maggior parte delle superfici coperte sono destinate ad attività di deposito, vendita ed esposizione merce e solo una modesta parte è destinata ad uffici e servizi ausiliari;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della parte contribuente affermando che nessuna contestazione efficace è stata avanzata dal comune di Francavilla Fontana e che da tale perizia emerge che i rifiuti in prevalenza prodotti dalla società contribuente non erano assimilabili a rifiuti urbani ma trattavasi di rifiuti speciali che non potevano essere correttamente raccolti dall’Amministrazione comunale ma dovevano essere, come ha correttamente fatto la società contribuente, affidati a piattaforme attrezzate ed autorizzate al corretto smaltimento, cosicché – sempre secondo la Commissione Tributaria Regionale – il Comune può chiedere il pagamento della TARSU per l’anno 2011 solo per la superficie capace di produrre rifiuti urbani, quantificata in 104,13 metri quadrati.

Il comune di Francavilla Fontana proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre la società contribuente non si costituiva.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3, il comune di Francavilla Fontana denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti nonché violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, art. 66, comma 5, e art. 70, per essere il suddetto Comune pervenuto all’emissione dell’avviso di pagamento TARSU per l’anno 2011 nei confronti della … s.r.l. sulla base della dichiarazione presentata dalla società in cui la contribuente ha denunciato la data di inizio occupazione e la destinazione dei locali ed aree con il totale della superficie tassabile (commercio al dettaglio mq 90,39 e commercio all’ingrosso mq 1081,01) e sulla base di suddetta dichiarazione è stata determinata la TARSU da pagare: la sentenza impugnata si basa su una perizia prodotta dalla parte contribuente ma ha omesso di considerare la mancanza di denuncia della parte contribuente stessa attestante le condizioni di esclusione o esenzioni dalla TARSU, denuncia della cui presentazione era onerata la … s.r.l..

Il motivo di impugnazione è fondato.

Secondo questa Corte infatti:

“il presupposto impositivo della TARSU, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ed ai sensi del successivo comma 2, non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione.

L’art. 62 pone, quindi, a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti.

Ne consegue che l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dall’art. 62, comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal giudice tributario, essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità, le quali devono essere “debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (Cass. n. 17622 del 2016, Cass. n. 6710 del 2014, Sez. 5, Sentenza n. 11351 del 2012, n. 17703 del 2004).

Il contribuente, difatti, in base al medesimo decreto, art. 70, è tenuto a presentare al comune, entro il 20 gennaio dell’anno successivo all’inizio dell’occupazione dei locali e delle aree scoperte tassabili, ” denuncia unica” con l’indicazione dei dati prescritti, avente “effetto anche per gli anni successivi, qualora le condizioni di tassabilità siano rimaste invariate”, dovendo, in caso contrario, “denunciare, nelle medesime forme, ogni variazione” rilevante (Cass. n. 16858 del 2014, Cass. n. 14469 del 2014, Cass. n. 3772 del 2013, Cass. n. 775 del 2011)” (Cass. nn. 18124 e 18123 del 2021);

“il presupposto impositivo della TARSU è costituito dalla disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, la tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad eccezione di quelle pertinenziali o accessorie ad abitazione (Cass., 9 marzo 2020, n. 6551; Cass., 23 maggio 2019, 14037; Cass., 14 settembre 2016, n. 18054; Cass., 23 settembre 2004, n. 19173; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19459); laddove la stessa giurisprudenza evocata dal ricorrente ha rimarcato siffatta identificazione del presupposto di imposta, statuendo che, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, è indifferente il contenuto e l’esistenza stessa del titolo, giuridico o di fatto, in base al quale un’area od un locale siano occupati o detenuti in quanto la Tarsu deve essere corrisposta per il solo fatto oggettivo della occupazione o della detenzione (Cass., 23 gennaio 2004, n. 1179 cui adde Cass., 13 marzo 2015, n. 5047, in motivazione; Cass., 16 maggio 2012, n. 7654; principio ribadito, tra le altre, da Cass., 17 dicembre 2020, n. 29020; Cass., 16 maggio 2019, n. 13185)” (Cass. n. 17875 del 2021);

la TARSU è dovuta, a norma del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte (a qualsiasi uso adibite, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni) e dei locali e delle aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti: tali esclusioni non sono, tuttavia, automatiche, perché ponendo la norma una presunzione “iuris tantum” di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area, dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità siano dedotte “nella denuncia originaria” o in quella “di variazione”, e siano debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili ‘o ad idonea documentazione (Cass. n. 31460 del 2019).

La Commissione Tributaria Regionale non si è conformata ai predetti principi laddove – affermando che nessuna contestazione efficace è stata avanzata dal comune di Francavilla Fontana e che da tale perizia emerge che i rifiuti in prevalenza prodotti dalla società contribuente non erano assimilabili a rifiuti urbani ma trattavasi di rifiuti speciali che non potevano essere correttamente raccolti dall’Amministrazione comunale ma dovevano essere, come ha correttamente fatto la società contribuente, affidati a piattaforme attrezzate ed autorizzate al corretto smaltimento, cosicché il Comune può chiedere il pagamento della TARSU per l’anno 2011 solo per la superficie capace di produrre rifiuti urbani – non ha considerato che la dichiarazione relativa all’impossibilità dei locali o delle aree di produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, non può essere surrogata in corso di causa da una perizia giurata proveniente dalla parte successiva rispetto all’anno d’imposta e presentata solo in grado di appello (cosicché non vi può essere certezza circa la corrispondenza di quanto accertato dal perito e la situazione relativa all’anno d’imposta), essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità. In effetti il principio generale in tema di imposta sui rifiuti è che tutti gli immobili sono potenzialmente suscettibili di produrre rifiuti e quindi soggetti ad imposta sugli stessi, salvo una adeguata dimostrazione in senso contrario fornita dal contribuente mediante una apposita denuncia iniziale o di variazione.

Ritenuto pertanto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso del comune di Francavilla Fontana va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2021


Massima:  Il presupposto impositivo della TARSU, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ed ai sensi del successivo comma 2, non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione.