Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Udine, sez. I, 13 marzo 2024 n. 67
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Associazione per lo sviluppo Culturale e Sociale C. e B., con sede legale a Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore Dr. Sandro Ricci, ricorre contro il Comune di UDINE – SERVIZIO TRIBUTI E SERVIZI SOCIALI avverso il diniego di rimborso I.M.U. (Imposta Municipale Unica) per gli anni 2017-2020, per € 4.741,00, Prot. n.50425/2023 del 4/4/2023, notificato in data 4/4/2023 .
La ricorrente è un’associazione con personalità giuridica, nonché Ente Morale, riconosciuta con D.P.R. n. 911 dell’11 ottobre 1982 , iscritta nel Registro delle persone giuridiche presso la Prefettura di Milano al n. 265.
Lo scopo istituzionale dell’Ente (recita lo Statuto) è quello “di rendere presenti e permanenti nella società la fede e la carità cristiana così come trasmesse dalla tradizione della Chiesa, specialmente benedettina, attraverso la pratica e la testimonianza dei propri associati e come vissute ed espresse nella società in base alla loro appartenenza alla Associazione Ecclesiale M. D.”.
In data 14 dicembre 2021 ha notificato a mezzo pec istanza di rimborso per l’Imposta Municipale Propria erroneamente versata nel periodo 2017-2020 in relazione agli immobili di proprietà ubicati in Comune di Udine catastalmente identificati al Foglio 25, Mapp. 234, sub. 1 Cat. A/2 e sub. 2 Cat. C/6 (di pertinenza), in Via Giancarlo Marzona 6.
In data 4 aprile 2023, il Comune di Udine, ha notificato a mezzo pec, il provvedimento di diniego del rimborso numero Prot. n. 50425/2023 del 4/4/2023 .
Motivi del ricorso
1) Sul diritto al rimborso dell’imposta erroneamente versata ai sensi dell’ articolo 7 del D.Lgs. n. 504/1992 e dell’ articolo 1 co. 164 della L. n. 296/2006 .
Argomenta la ricorrente, in via preliminare, che gli immobili per i quali è stata erroneamente corrisposta l’IMU, sono impiegati per scopi istituzionali e, pertanto, sono da considerarsi esenti stante la sussistenza dei requisiti previsti dalla L. n. 222/85 .
1.1) Sull’obbligo della presentazione della dichiarazione
Il mancato assolvimento dell’obbligo dichiarativo, secondo quanto espresso dalla resistente nel provvedimento di diniego, è causa del mancato riconoscimento dell’esenzione.
La motivazione del diniego espresso dal Comune è lacunoso e giuridicamente inconferente.
La dichiarazione IMU rappresenta una mera “dichiarazioni di scienza” che, in quanto tale, è suscettibile di essere ritrattata o emendata avvalendosi della c.d. “dichiarazione integrativa” anche nel corso del giudizio tributario. (Corte di Cassazione sentenza n. 453/2018).
1.2) Sul diritto all’esenzione IMU: disciplina normativa
Sul punto si richiama alla disciplina vigente in materia di esenzione IMU per le attività c.d. “protette”.
In particolare per quanto concerne:
- a) Le disposizioni applicabili
La normativa IMU prevede l’applicazione delle esenzioni per gli immobili utilizzati dagli enti di cui all’ art. 73 del D.P.R. 917/86 ai sensi dell’ art. 7, co. 1, lettere b) , c) , d), e) , f) , h), ed i) del decreto legislativo n. 504 del 1992 .
- b) I presupposti previsti dalla normativa per l’esenzione IMU.
L’Associazione gode dei requisiti di legge ovvero quello di natura soggettiva, trattandosi di un Ente che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, e quello di natura oggettiva posto che l’immobile è utilizzato per una delle attività, svolta con modalità non commerciali.
Qualora ritenuto utile si chiede l’ammissione della prova testimoniale nelle forme di cui all’art. 257-bis come previsto dall’ art. 7 comma 4 del D.Lgs. n.546/92 .
Per quanto precede si chiede l’annullamento del diniego di rimborso oltre agli interessi maturati e maturandi.
Spese rifuse.
Il Comune di Udine, ritualmente costituito, osserva che lo Statuto dell’Associazione non prevede il divieto di distribuire gli utili e avanzi di gestione (lettera a) e l’obbligo di reinvestire eventuali utili e avanzi per lo sviluppo delle attività proprie dell’associazione (lettera b); tale mancanza determina la perdita del requisito di carattere soggettivo e di conseguenza quella del beneficio fiscale.
Inoltre parte resistente avanza dubbi sull’applicabilità dell’esenzione a formazioni associative non riconosciute quali enti ecclesiastici; la ricorrente si qualifica infatti nel proprio Statuto quale “Associazione per lo Sviluppo Culturale e Sociale” e non già come ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Aggiunge inoltre che l’immobile per il quale si invoca l’esenzione non è utilizzato dallo stesso soggetto possessore in quanto concesso in comodato ad uso abitativo stipulato in favore di persone fisiche (soci dell’associazione); specifica altresì che dal contratto non risulta che l’immobile sia destinato allo svolgimento dell’attività religiose o di culto.
Per quanto concerne la fase istruttoria sottolinea che l’acquisizione della prova testimoniale appare superflua alla luce dei documenti allegati al fascicolo.
Rispetto alla dichiarazione osserva che l’obbligo della presentazione è disposto dall’ art. 1, comma 770 della L. n. 160/2019 .
Chiede il rigetto del ricorso e la rifusione delle spese di causa.
Con memoria del 15.02.2024 la ricorrente ha esposto le ragioni di opposizione alle controdeduzioni del Comune di Udine.
In detto documento richiama la sentenza della Corte di Cassazione n.24308/2019 nella quale viene precisato il concetto di “utilizzo diretto” ai fini dell’esenzione IMU anche nei casi in cui gli enti realizzano il proprio scopo statutario con la dazione a terzi degli immobili per una delle attività previste dall’ art. 7, lettera i) del D.Lgs. n. 504/92 .
Con ordinanza della Cassazione n. 18413 del 8/6/2022 la Corte ha ribadito che l’esenzione prevista per gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività di religione o di culto di cui alla L. n. 222/85 , art. l6, lett. a), spetta “in relazione ad un immobile destinato ad abitazione di membri della propria comunità religiosa, con modalità assimilabili all’abitazione di una unità immobiliare da parte del proprietario e dei suoi familiari, comportando tale destinazione lo svolgimento di un’attività non commerciale, ma diretta alla “formazione del clero e dei religiosi”, espressamente compresa nell’elencazione di cui all’art. 16, lett. a) cit., ed avente altresì le caratteristiche di attività “ricettiva”, parimenti inclusa nell’esenzione di cui all’art. 7, comma l, lett. i) cit., e da intendersi riferita all’ospitalità ed accoglienza di persone in genere, non necessariamente terze ed estranee all’ente proprietario”.
Ciò sta a significare che lo svolgimento delle attività di religione e di culto esercitate dagli enti indicati dall’ art. 2 della L. n. 222/85 non può essere attribuito al solo ente ecclesiastico, ma alla stessa Associazione Ricorrente in virtù del richiamo alla M. D. contenuto all’art. 3.
Da ultimo, ricorda l’ordinanza n. 18413/22 della Corte di Cassazione che ha indicato come la semplice dazione del bene ai membri di una comunità religiosa integra di per se l’attività di cui all’art. 16, comma l, lett. a) della L. n.222/85 , non essendo dunque necessari altri approfondimenti in merito.
In particolare, la lettera a) dell’articolo 3 menzionato prevede che lo statuto debba disporre “il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente”.
4) Sull’obbligo di presentazione della dichiarazione.
L’interpretazione sistematica delle norme vigenti porta a concludere che solo quando il legislatore richieda espressamente l’assolvimento dell’onere dichiarativo “a pena di decadenza”, il contribuente perde il diritto all’esenzione, ma non invece negli altri casi in cui la norma, pur fornendo le indicazioni utili per la presentazione della dichiarazione, non ne “sanzioni” poi l’omissione con la decadenza dell’agevolazione stessa.
Conclude per l’accoglimento del diritto al rimborso del tributo erroneamente corrisposto.
Datosi avviso alle parti della data di trattazione della controversia, essa è stata quindi decisa, a seguito di discussione in pubblica udienza ai sensi dell’ art. 34 D.Lgs. n. 546/1992 , nella camera di consiglio del giorno 26.02.2024
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’Associazione per lo sviluppo Culturale e Sociale C. e B., è un Ente dotato di personalità giuridica, quale Ente Morale, riconosciuta con D.P.R. n. 911 dell’11 ottobre 1982 , oltre ad essere iscritta nel Registro delle persone giuridiche presso la Prefettura di Milano al n. 265.
In data 4/4/2023 ha introdotto istanza al Comune di UDINE – SERVIZIO TRIBUTI E SERVIZI SOCIALI volta ad ottenere il rimborso dell’I.M.U. (Imposta Municipale Unica) corrisposta per gli anni 2017-2020 per € 4.741,00 asseritamente non dovuta per gli immobili dalla stessa posseduti siti in Comune di Udine in Via Giancarlo Marzona 6, catastalmente identificati al Foglio 25, Mapp. 234, sub. 1 Cat. A/2 e sub. 2 Cat. C/6 (di pertinenza).
In data 4 aprile 2023, Prot. n.50425/2023, il Comune di Udine ha notificato, a mezzo pec, il provvedimento di diniego del rimborso.
Con il primo motivo la ricorrente vanta il diritto al rimborso dell’imposta erroneamente versata ai sensi dell’ articolo 7 del D.Lgs. n. 504/1992 e dell’ articolo 1 co. 164 della L. n. 296/2006 .
Sostiene, sul punto, che gli immobili per i quali è stata erroneamente corrisposta l’IMU, sono impiegati per scopi istituzionali e, per tale ragione, sono da considerarsi esenti in vigenza dei requisiti previsti dalla L. n. 222/85 . Quanto all’assenza della specifica indicazione nella dichiarazione IMU degli enti non commerciali della richiesta di esenzione, osserva che la stessa è una mera “dichiarazione di scienza” che può sempre essere emendabile con la produzione della “dichiarazione integrativa”.
Il Comune di Udine ha motivato il rigetto dell’istanza per mancanza dei requisiti di legge.
Lo Statuto dell’Ente ricorrente, che si rifà allo Statuto della Associazione Ecclesiale M. D. eretta canonicamente nel 1981 come Pia Associazione Laicale, è stata riconosciuta come Associazione ecclesiale privata universale dal Pontificio Consiglio per i Laici in data 8 giugno 1988, pertanto, rientra, a tutti gli effetti tra le attività di “religione e culto” previste nell’ articolo 16, lettera a), legge n. 222/1985 .
Le attività di “religione e culto” sono ben previste nell’ articolo 16, lettera a), legge n. 222/1985 “Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici”: «Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque: a) attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”. Rientrano nell’alveo della lettera i) gli oratori, i centri parrocchiali, i seminari, le case religiose, i monasteri e i conventi, gli episcopi e gli uffici delle Curie diocesane.
Lo Statuto dell’Associazione per lo Sviluppo Culturale e Sociale C. E B. redatto in data 11.03.2010 a pag. 1 declina lo scopo della M. D. che consiste, a titolo esemplificativo nel:
– sostenere l’attività della M. D. prestando alla stessa qualsiasi tipo di assistenza anche di natura economico finanziaria;
– svolgere e prestare a favore e a supporto della M. D. qualsivoglia servizio, ivi compresi servizi di carattere amministrativo e finanziario;
– far crescere, formare e aiutare esperienze di comunità cristiana;
– creare strumenti ed opere educative per fanciulli e giovani come scuole ed istituti;
– formare ed aiutare in ogni modo le famiglie che si rifanno agli scopi suddetti, – promuovere e sviluppare comunità le quali a partire dal loro lavoro o comunque dalla loro responsabilità nella società vogliano insieme assumersi compiti ed opere di carità, con particolare riferimento alla assistenza degli anziani ed a comunità terapeutiche ed altro.
L’art. 7, comma 1, rubricato “Esenzioni”, del decreto legislativo n. 504 del 1992 alla lett. i) stabilisce che gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’ articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi , di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , e successive modificazioni, fatta eccezione per gli immobili posseduti da partiti politici, che restano comunque assoggettati all’imposta indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’ articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 .
Quest’ultima disposizione stabilisce alla lettera a) “Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:
“attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana; … ed altro”.
L’Associazione per lo Sviluppo Culturale e Sociale C. E B. in data 4/4/2023 ha introdotto istanza al Comune di UDINE – SERVIZIO TRIBUTI E SERVIZI SOCIALI volta al rimborso dell’I.M.U. (Imposta Municipale Unica) per gli anni 2017-2020 per € 4.741,00 sostenendo che il tributo non è dovuto per gli immobili dalla stessa posseduti siti in Comune di Udine in Via Giancarlo Marzona 6, catastalmente identificati al Foglio 25, Mapp. 234, sub. 1 Cat. A/2 e sub. 2 Cat. C/6 (di pertinenza).
Per questa ragione invoca l’esenzione IMU in relazione ai predetti immobili di proprietà.
Il motivo non è fondato.
Il riconoscimento dell’esenzione dal pagamento dell’IMU per gli enti ecclesiastici è subordinato alla compresenza di un requisito soggettivo, riguardante il profilo del soggetto che utilizza l’immobile, e di un requisito oggettivo, relativo all’attività effettivamente svolta nello stesso (Corte di Cassazione, ord. n. 18592/2019).
Nel caso di specie il requisito soggettivo è soddisfatto perché rientra nella casistica testé richiamata, mentre non appare dimostrato dalla ricorrente il requisito oggettivo ovvero che l’attività che rientra tra quelle agevolate sia effettivamente svolta o, quanto meno, che gli immobili affidati con contratto di comodato gratuito siano stati effettivamente destinati ad attività di tipo culturale e formativo del clero e, più genericamente, alla catechesi ed alla educazione cristiana.
E’ da considerare che, per costante indirizzo giurisprudenziale (Cass nr 15407/2017; nr. 4333/2016; 2925/2013; 5933 del 08/03/2013 ) in materia fiscale, le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art 14 preleggi, non vi è spazio dunque per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma ai casi e alle condizioni estranei a quelli dalle stesse espressamente considerati.
Per quanto è dato evincere i conduttori dell’immobile sono delle persone fisiche private che condividono gli scopi sociali dell’organismo associativo con le “attività dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”.
In fatto l’Ente associativo vanta l'”utilizzo diretto” in forza della circostanza dettata dalla amministrazione e gestione degli immobili di cui e proprietaria, mettendoli a disposizione dei propri soci per il perseguimento delle attività istituzionali secondo il dettato dello Statuto. In particolare, l’art. 3 di quest’ultimo prevede che lo scopo dell’Associazione e quello di “rendere presenti e permanenti nella società la fede e la carità cristiana così come trasmesse dalla tradizione della Chiesa, specialmente benedettina, attraverso la pratica e la testimonianza dei propri associati e come vissute ed espresse nella società in base alla loro appartenenza alla Associazione Ecclesiale M. D.”.
Il dettato dello Statuto consente a piccole “comunità” di fedeli di vivere l’insegnamento cristiano attraverso l’osservanza della Regola (di tradizione benedettina) all’interno dell’immobile.
L’utilizzo diretto dell’immobile sarebbe assicurato per il fatto di concedere i beni ai propri membri (associati della M. D.), così realizzando in “via diretta” il proprio scopo associativo che altro non è se non quello di “far crescere, formare e aiutare le esperienze di comunità cristiana” con particolare riferimento all’esperienza benedettina sintetizzabile nella nota formula “ora et labora”.
I beni sono occupati dai “consacrati”, ovvero sono abitati da “persone consacrate”. Tali immobili sono dedicati, attraverso chi in essi viene formato, vive, prega, lavora, al servizio di Dio e del prossimo, con grande giovamento anche della società civile, oltre che, naturalmente, della compagine ecclesiale”.
Ebbene, nel caso di specie gli immobili per i quali si chiede l’esenzione non è utilizzato direttamente dalla ricorrente in quanto, in forza di un contratto di comodato gratuito l’ha affidato a persone fisiche che, benché associate, non svolgono né assumono in nessun caso la precipua funzione istituzionale dell’Ente dedita all’attività di culto.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale (recente Ordinanza del 02/10/2023 n. 27761 – Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 5) l’utilizzo diretto del bene da parte dell’ente possessore è condizione necessaria perché a quest’ultimo spetti il diritto all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 , nel caso di esercizio delle attività considerate dalla norma come “esentabili”.
L’esenzione esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. L’esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico interesse ( Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18838 del 30/08/2006 ; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8496 del 09/04/2010 ; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2821 del 24/02/2012 ; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14912 del 20/07/2016 ; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10483 del 20/05/2016 ; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8073 del 21/03/2019; Cass. , Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19773 del 23/07/2019 , relativamente alla lett. a) dello stesso art. 7, comma 1).
La circostanza che l’utilizzazione indiretta del bene trovi conforto in un contratto di comodato non è comunque sufficiente a giustificare l’applicazione dell’agevolazione. Infatti, è stato ritenuto che “In tema di imposta comunale sugli immobili, l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a) , spetta soltanto se l’immobile viene impiegato direttamente dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali; sicché l’utilizzazione, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto diverso (persone private nel caso di specie) da quello a cui spetta l’esenzione, anche se senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse, esclude l’agevolazione, essendo necessario che il bene, oltre ad essere utilizzato, sia anche posseduto dall’ente commerciale che ne fruisce, in ragione di un diritto di proprietà o di altro diritto reale. ( Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14912 del 20/07/2016 )
Invero l’esenzione può essere riconosciuta a favore dell’Ente che utilizza direttamente l’immobile per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente ( Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25508 del 18/12/2015 ; richiamata, in motivazione, da Cass., Sez. 5 – Ordinanza n. 24308 del 30/09/2019 e da Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 6795 dell’11/03/2020 ) (così Cass., Sez. T, 12 maggio 2021, n. 12539 , richiamata da Cass., Sez. T., 16 febbraio 2023, n. 4953 ).
Considerato che gli immobili sono affidati con contratto di comodato non ad un “Ente non commerciale” ma piuttosto a persone fisiche, delle quali per altro non è dato rinvenire lo status di persone protette né vi è cenno che le stesse rientrino nell’accezione più ampia di “Ministri di culto” incaricati di svolgere una funzione collegata alle loro specifiche funzioni.
Per queste ragioni l’invocata esenzione non può essere accordata.
Motivo sub 1.1) Riguardo alla dichiarazione IMU, in sede dibattimentale, è emerso l’omesso obbligo dichiarativo, che a tutt’oggi risulta non assolto, in vigenza della previsione normativa di cui all’ art. 1, comma 770 della L. n. 160/2019 .
Istanza istruttoria.
La richiesta della prova testimoniale scritta è stata introdotta dalla L. n. 130/2022, art. 4, co. 1, lett. c è intervenuta con la sostituzione dell’ art. 7, co. 4 del Decreto legislativo del 31/12/1992 n. 546 che recita:
“Non è ammesso il giuramento. La corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l’accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all’ articolo 257-bis del codice di procedura civile .”
La norma, secondo l’orientamento giurisprudenziale ha carattere di “eccezionalità”; l’ammissibilità è rimessa alla scelta del giudice, ove la ritenga “necessaria ai fini della decisione”.
Considerato che gli atti istruttori risultano idonei a dimostrare i fatti decisivi in quanto sufficienti ai fini del contenzioso in atto e che, comunque, l’assunzione delle prove testimoniali non condurrebbero all’emersione di fatti nuovi, indispensabili o di particolare rilievo, il Collegio, appurata la non necessità della testimonianza, rigetta la richiesta.
La complessità della materia giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di UDINE Sezione 1, respinge il ricorso. Spese compensate inter partes.
Così deciso in Udine il 26.02.2024
COMMENTO REDAZIONALE– Viene confermata la legittimità del diniego di rimborso IMU in favore di un ente ecclesiastico che aveva concesso gli immobili di sua proprietà in comodato d’uso gratuito nei confronti di propri associati, che li utilizzavano per vivere all’interno di essi in piccole comunità di fedeli, osservando la “regola” benedettina dell’ora et labora.
Il riconoscimento dell’esenzione dal pagamento dell’IMU per gli enti ecclesiastici è infatti subordinato alla compresenza di due requisiti, l’uno di carattere soggettivo e l’altro di carattere oggettivo.
Mentre il primo doveva senza dubbio ritenersi soddisfatto, stante la natura soggettivamente ecclesiastica dell’ente che aveva presentato l’istanza di rimborso, non altrettanto poteva dirsi per il secondo, mancando la prova che gli immobili affidati con contratto di comodato gratuito fossero effettivamente destinati ad attività di tipo culturale e formativo del clero e, più genericamente, alla catechesi ed all’educazione cristiana.
La pronuncia in commento respinge la richiesta di prova testimoniale sul punto formulata dall’ente ecclesiastico, motivando come la “testimonianza scritta” ex art. 7, comma 4, D.lgs. 546/1992, introdotta nel rito tributario dall’art. 4, comma 1, lettera c), Legge 31 agosto 2022 n. 130, rivesta carattere di “eccezionalità”, nel senso che la sua ammissibilità è rimessa alla scelta del giudice, che deve ritenere tale mezzo istruttorio “necessario ai fini della decisione“.
Nel caso di specie, poiché l’assunzione delle prove testimoniali non avrebbe condotto all’emersione di fatti nuovi, indispensabili o di particolare rilievo, la richiesta di testimonianza scritta avanzata dall’ente ecclesiastico ricorrente non trova accoglimento.
Nel merito, l’esenzione richiesta non viene riconosciuta, stante il carattere eccezionale di tutte le norme che stabiliscono agevolazioni o esenzioni tributarie, e la conseguente inammissibilità di una loro interpretazione analogica (art. 14 preleggi c.c.).
L’esenzione IMU spetta unicamente in caso di utilizzo diretto del bene da parte dell’ente ecclesiastico per una delle finalità espressamente indicate dall’art. 7, comma 1, lettera i), D.lgs. 504/1992.
Può trovare inoltre applicazione nel caso in cui l’ente ecclesiastico conceda il bene in comodato d’uso gratuito ad altro ente non commerciale, strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente.
Non spetta, invece, in caso di utilizzazione indiretta mediante concessione in comodato a persone fisiche, delle quali peraltro non risultava dimostrato neppure lo status di ministri di culto.