Nello scorrere storicamente il sistema tributario troviamo esempi singolari di imposizione. 

La tassa sulle finestre e sulle porte fu imposta alla Repubblica Ligure dal Governo Francese che, nel 1799, dopo aver preteso imposte per cinquantaquattro milioni e ottocentoventicinque mila lire, somma astronomica per quei tempi, aggiunse la tassa sulle finestre, secondo la quale ogni cittadino avrebbe dovuto essere tassato secondo la quantità di luce e di aria che riceveva nella sua casa (in altre parole, più finestre aveva, più pagava). 

Le tasse sulle finestre condussero al fatto che molte finestre furono murate, le case divennero malsane e, quindi, vi fu un aumento della tubercolosi, già considerevolmente diffusa. 

Molti ritengono che dall’istituzione di questa tassa derivò l’usanza, tipicamente ligure, di dipingere sulle facciate delle case porte e finestre finte, ed è per questo che le finestre si chiamano anche imposte.

Lo zar Pietro il Grande (1689-1725) impose invece una tassa sulle barbe, istituita, si racconta, anche per colpire nell’orgoglio i nobili più anziani che rifiutavano la cultura occidentale.
In Prussia, si ritrova la tassa sugli stivali, mentre in Inghilterra, nel XVI secolo, una sulla polvere di riso. 

Particolarmente curiosa è la tassa sulle vedove che convolavano a nuove nozze dopo breve tempo dalla morte del marito, introdotta in Spagna nel XIV secolo per scoraggiare le uccisioni del coniuge. Nella Venezia del ‘400 si pagava la tassa sulle parrucche. 

L’istituzione di imposte “atipiche”, oltre alla depauperizzazione del patrimonio, procurò diversi problemi: nella Polonia del 1700, quando fu istituita la tassa sui camini, i polacchi reagirono togliendoli. Le case, inevitabilmente ne uscirono affumicate.