Cass. civ., sez. VI-5, ord., 12.06.2018 n. 15261


Svolgimento del processo

che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., Delib. di procedere con motivazione semplificata;

che G.G. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna che, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Modena. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto il ricorso della contribuente contro un avviso di iscrizione ipotecaria, per l’anno 2001.

Motivi della decisione

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale la ricorrente assume la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR avrebbe motivato l’assolvimento dell’onere probatorio in capo all’Agente in modo apodittico, illogico ed insufficiente;

che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;

che il motivo è fondato;

che questa Corte, nella sentenza n. 20787 del 2 ottobre 2014, ha testualmente affermato: “La Corte ha aggiunto (Cass. 30 settembre 2011, n. 20027; Cass. 19 agosto 2003, n. 12135), che ove l’involucro della raccomandata contenga plurime comunicazioni, e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall’art. 1335 c.c., che l’autore della comunicazione, il quale abbia scelto detta modalità di spedizione per inviare due comunicazioni, fornisca la prova che l’involucro le conteneva, atteso che, secondo l’id quod plerumque accidit, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione. Queste stesse pronunce, tuttavia, valorizzano, a tal fine, gli elementi utili a sostanziare presunzioni semplici, come ad esempio, la connessione tra gli atti. Nel caso in esame, indubitabilmente, all’indicazione dei numeri delle cartelle sull’avviso di ricevimento non può essere riconosciuta fede privilegiata, in quanto essa non è riconducibile all’agente postale, posto che il D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, art. 6 (approvazione del regolamento di esecuzione dei libri 1 e 2 del codice postale e delle telecomunicazioni) prescrive che gli avvisi di ricevimento, di cui all’art. 37 codice postale,…sono predisposti dagli interessati. Va, peraltro, evidenziato, che la circostanza che l’avviso di ricevimento è avviato insieme con l’oggetto cui si riferisce (D.P.R. n. 655 del 1982, art. 7) e che l’agente postale che consegna un oggetto con avviso di ricevimento fa firmare quest’ultimo dal destinatario (art. 8, comma 1 del suddetto D.P.R.), provvedendo a rispedire subito all’interessato la ricevuta così completata (art. 8, comma 2), comporta che le indicazioni dell’avviso, ritualmente prodotto agli atti, debbano essere valutate sul piano presuntivo, ai fini del giudizio sul riparto dell’onere della prova. Altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, cui va rinviato il giudizio, previa cassazione della sentenza impugnata, dovrà, per conseguenza, valutare le suddette indicazioni, al fine di verificare se l’agente per la riscossione abbia soddisfatto anche in via presuntiva l’onere probatorio su di lui incombente e se, per conseguenza, spetti al contribuente provare di essersi trovato nell’impossibilità di prendere cognizione degli atti”;

che, in definitiva, la CTR avrebbe dovuto esaminare quali elementi oggettivi avrebbero potuto, in tesi, corroborare le risultanze dell’avviso di ricevimento – in sé equivoche, giacché alla trascrizione dei numeri identificativi di più cartelle si contrapponeva la mancata indicazione dell’invio multiplo – in modo da fondare il fatto noto su cui costruire la presunzione (Sez. 3, n. 3703 del 09/03/2012);

che, per converso, la CTR ha individuato in modo assiomatico e probabilistico gli ulteriori elementi, finendo in tal modo per restituire un valore oggettivo all’unico riscontro (la pluralità delle indicazioni sull’avviso di ricevimento) che la parte rescissoria della sentenza di legittimità aveva già dichiarato incapace di costituire ex se il fatto noto;

che il ricorso va dunque accolto;

che, pertanto, la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Emilia Romagna, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2018


 

COMMENTO

La Corte di Cassazione riafferma il principio per cui, laddove in un’unica busta siano contenute più cartelle di pagamento, spetta all’Agente della riscossione-mittente, in caso di contestazioni, provare che la busta le conteneva effettivamente tutte.

Secondo un criterio di “normalità”, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione ed una singola busta.

Spetta al mittente, il quale abbia scelto una modalità di spedizione “anomala”, consistente nell’utilizzo di una sola busta per inviare plurime comunicazioni, superare la contestazione avversaria, fornendo prova dell’effettivo contenuto della busta medesima e, in particolare, della presenza in essa delle comunicazioni di cui il destinatario contesta la ricezione.

A tal fine, non può essere riconosciuta fede privilegiata all’indicazione dei numeri delle cartelle riportata sull’avviso di ricevimento, in quanto essa non è riconducibile all’agente postale, ma al mittente. Pertanto, non provenendo da un pubblico ufficiale, tale indicazione non è coperta dalla fede privilegiata degli atti pubblici ex art. 2700 c.c., ma può essere valutata unicamente sul piano presuntivo.

La pronuncia in commento si pone in linea di continuità con quanto già in precedenza affermato dalla giurisprudenza di legittimità, anche in ambito extra-tributario (si vedano, in senso conforme, Cass. civ., Sezione lavoro, 19.08.2003 n. 12135; Cass. civ., sez. V, 30.09.2011 n. 20027 e Cass. civ., sez. VI-5, 02.10.2014 n. 20786).