Cass. civ., sez. VI-1, ord., 09.04.2019 n. 9893
Svolgimento del processo
- Con sentenza n. 1391 dell’I 1 settembre 2017, la Corte di Appello di Ancona respinse il reclamo proposto, L. fall., ex art. 18, dalla (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione contro la pronuncia del Tribunale di Urbino che, su ricorso della O. P. s.r.l., ne aveva dichiarato il fallimento.
1.1. Quella corte ritenne: i) inammissibile l’eccezione, sollevata dalla reclamante, di inosservanza del termine dilatorio previsto dalla L. fall., art. 18, comma 7, perché proposta da soggetto privo di interesse a lamentare la dedotta violazione del contraddittorio; ii) infondate le doglianze prospettanti vizi nella convocazione della debitrice per l’udienza prefallimentare.
- Avverso detta sentenza la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, resistito dalla O.P. s.r.l.. Non ha, invece, svolto difese la curatela fallimentare. La sola ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2.
Motivi della decisione
- I primi due motivi denunciano, rispettivamente “Violazione della L. fall., art. 15, in relazione alla L. fall., art. 360, comma 1, n. 3” e “Nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per vizio procedurale nel procedimento notificatorio e violazione del contraddittorio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. Essi ascrivono alla corte anconetana di aver disatteso l’assunto della reclamante secondo cui, alla stregua del tenore letterale del decreto di convocazione della società debitrice per l’udienza prefallimentare (“qualora il debitore sia una persona giuridica, la convocazione è estesa anche al legale rappresentante ed a tutti gli eventuali soci illimitatamente responsabili”) innanzi al Tribunale di Urbino, il contraddittorio avrebbe ivi dovuto essere instaurato anche nei confronti del liquidatore della stessa, nonché del socio unico di quest’ultima B. C. s.p.a., rimasti, invece, estranei al giudizio.
1.1. Tali doglianze, esaminabili congiuntamente perché connesse, sono manifestamente infondate.
1.2. Invero, è incontroverso che il menzionato ricorso di fallimento della O. P. s.r.l. fu ritualmente notificato, unitamente al pedissequo decreto di fissazione dell’udienza prefallimentare, a cura della cancelleria dell’adito tribunale, L. fall. ex art. 15, comma 3, (come sostituito dal D.L. n. 179 del 2012, art. 17, comma 1, lett. a), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, qui applicabile ratione temporis), all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) della debitrice – (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INIPEC) istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico, entro l’anno dall’avvenuta cancellazione (in data 8 settembre 2016) della predetta società dal Registro delle Imprese.
1.2.1. E’ utile, poi, ricordare che ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al Registro delle Imprese, è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata, D.L. n. 185 del 2008, ex art. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2 del 2009 (come novellata dalla L. n. 35 del 2012. Per gli imprenditori individuali analogo obbligo è stato introdotto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012), e che, come già chiarito da questa Corte, tale indirizzo costituisce l’indirizzo “pubblico informatico” che i predetti hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese (per il periodo successivo alla entrata in vigore delle disposizioni da ultimo citate), – e finanche per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso – la cui responsabilità, sia nella fase di iscrizione che successivamente, grava sul legale rappresentante della società, non avendo a riguardo alcun compito di verifica l’Ufficio camerale Cass. n. 31 del 2017).
1.2.2. Nessun dubbio, pertanto, può sorgere in ordine alla regolarità del descritto procedimento notificatorio, avendo la giurisprudenza di legittimità specificamente sancito che il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere notificato alla società cancellata dal registro delle imprese e già in liquidazione, ai sensi della L. fall., art. 15, comma 3, (nel testo in precedenza indicato), all’indirizzo di posta elettronica certificata dalla stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese (cfr. Cass. n. 23728 del 2017; Cass. n. 17946 del 2016). Tanto esclude anche qualsivoglia necessità della notificazione di quel ricorso a colui che aveva ricoperto la carica di liquidatore di una tale società anteriormente alla sua avvenuta cancellazione, né le contrarie argomentazioni sul punto, ribadite dalla ricorrente nella sua memoria ex art. 380-bis c.p.c., si rivelano idonee ad indurre il Collegio a dissentire dall’appena riportata conclusione.
1.3. Diversamente da quanto, anche in questa sede (e nella suddetta memoria), preteso dalla medesima ricorrente, inoltre, nessuna ulteriore integrazione del contraddittorio era imposta nei confronti della B.C. s.p.a., quale socio unico della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, atteso che la L.fall., art. 147, nel testo risultante dalla novella di cui al D.Lgs. n. 9 gennaio 2006, n. 5, prevede per le sole società in nome collettivo e quelle in accomandita (semplice o per azioni) l’estensione del fallimento al socio illimitatamente responsabile. Esso, pertanto, implicitamente ribadisce l’incompatibilità del fallimento del socio con il principio, connaturato alle società di capitali, della limitazione della sua responsabilità, anche con riferimento ai casi in cui, per vicende particolari, detta limitazione possa venir meno (cfr. Cass. n. 22256 del 2012, che ha altresì precisato che la predetta norma non esclude – al contrario affermandola, trattandosi di socio illimitatamente responsabile ex art. 2320 c.c., comma 1, – la fallibilità del socio accomandante che si sia ingerito nell’amministrazione della società. In senso conforme, si veda, anche la successiva Cass. n. 21470 del 2013).
- Il terzo ed il quarto motivo prospettano, rispettivamente, “Violazione dellaL.fall., art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” e “Nullità del procedimento svoltosi davanti alla Corte di appello di Ancona in sede di reclamo per vizio procedurale e violazione del contraddittorio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. Essi censurano la corte marchigiana per aver ritenuto inammissibile, perché sollevata dalla reclamante carente di interesse sul punto, l’eccezione di inosservanza del termine di cui alla L. fall., art. 18, comma 7, (a tenore del quale, “tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni. Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello”).
2.1. Anche queste doglianze sono suscettibili di esame congiunto, e si rivelano manifestamente infondate, atteso che, da un lato, l’inosservanza di un termine di costituzione stabilito in favore di una delle parti (nella specie, quella resistente in sede di reclamo) può essere eccepita soltanto da quest’ultima (e, quindi, nella vicenda processuale in esame, dalla curatela fallimentare rimasta, invece, contumace in sede di reclamo); dall’altro, che la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione nemmeno chiarisce quali difese o produzioni della O. P. s.r.l., tardivamente costituitasi in sede di reclamo, sarebbero risultate determinanti e sulle quali la prima non avrebbe potuto adeguatamente replicare in ragione dell’eccepita tardività, dovendosi, peraltro, rimarcare che, come evidenziato dalla corte distrettuale, nell’originario ricorso L. fall., ex art. 18 non era stato dedotto alcun motivo di merito in ordine alla impugnata dichiarazione di fallimento. Le contrarie argomentazioni ribadite, sul punto, dalla ricorrente nella sua memoria ex art. 380-bis c.p.c. si rivelano, dunque, affatto inidonee ad indurre il Collegio a dissentire dall’appena riportata conclusione.
- Il ricorso va, quindi, respinto, restando le spese del giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza tra le parti costituite, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater; inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (applicabile ratione tempotis, essendo stato il ricorso proposto il 6 ottobre 2017).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della sola O. P. s.r.l., in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dallaL. N. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 gennaio 2019.
COMMENTO
L’ordinanza in commento ribadisce il consolidato principio secondo cui anche alla società cancellata dal registro delle imprese, e già in liquidazione, il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere notificato, ai sensi dell’art. 15, comma 3, R.D. 16.03.1942 n. 267, all’indirizzo di posta elettronica certificata dalla stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese ed inserito nel registro INIPEC (si vedano, in senso conforme, Cass. civ., sez. I, 13.11.2016 n.17946; Cass. civ., sez. I, 12.01.2017 n. 602; Cass. civ., sez. I, 18.01.2017 n. 1156; Cass. civ., sez. VI-1, ord., 10.10.2017 n. 23728 e Cass. civ., sez. VI-1, ord., 06.11.2017 n. 26276). E’ invece esclusa la necessità della notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento a colui che aveva ricoperto la carica di liquidatore della società, anteriormente alla sua avvenuta cancellazione.
Ai sensi dell’art. 16, comma 6, D.L. 185/2008 convertito in Legge 2/2009 (per le società) e dell’art. 5, comma 1, D.L. 179/2012 convertito in Legge 221/2012 (per gli imprenditori individuali), ogni imprenditore iscritto al Registro delle Imprese è infatti tenuto a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata. Quest’ultimo costituisce l’indirizzo “pubblico informatico” che i predetti soggetti hanno l’onere di attivare, di tenere operativo e di rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese (successiva al momento di entrata in vigore delle predette norme) fino a dodici mesi oltre l’eventuale cancellazione dal Registro delle Imprese. La responsabilità dell’iscrizione, della tenuta e del rinnovo di tale indirizzo ricade esclusivamente sull’imprenditore individuale o sul legale rappresentante della società, mentre nessun compito di verifica incombe né sull’Ufficio camerale, né sulle parti del procedimento prefallimentare (Cass. civ., sez. I, 03.01.2017 n. 31).
Ratio dell’art. 15, comma 3, R.D. 267/1942 (così come sostituito dall’art. 17, comma 1, lettera a), D.L. 18.10.2012 n. 179, convertito con modificazioni in Legge 17.12.2012 n. 221) è infatti quella di coniugare, da un lato, la tutela del diritto di difesa dell’imprenditore e, dall’altro, le esigenze di celerità e speditezza, alle quali deve essere improntato il procedimento concorsuale.
Tale norma prevede quindi che il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il pedissequo decreto di convocazione delle parti devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti (cd. INIPEC). L’esito della comunicazione è trasmesso, con modalità automatica, all’indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente.
Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione telematica non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica del ricorso e del decreto si esegue, a cura del ricorrente, presso la sede risultante dal registro delle imprese, esclusivamente di persona a norma dell’art. 107, comma 1, D.P.R. 15.12.1959 n. 1229 (e, dunque, con esclusione del ricorso al servizio postale).
Quando la notificazione non può essere compiuta neppure con quest’ultima modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella Casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso.
Il procedimento di notifica previsto in ambito pre-fallimentare ex art. 15, comma 3, R.D. 267/1942 si differenzia quindi nettamente dalla normativa generale in materia di notificazioni alle persone giuridiche (art. 145 c.p.c.). La prima delle suddette norme introduce infatti un procedimento di notifica semplificato e più agile, finalizzato alla tutela di interessi speciali e complessi, comuni ad una pluralità di operatori economici, alcuni dei quali eventualmente anche di natura pubblica (in ragione delle connotazioni soggettive del debitore e della dimensione oggettiva del debito).
In primis, quindi, l’impresa individuale o societaria deve essere notiziata del ricorso per la dichiarazione di fallimento proposto nei suoi confronti mediante il proprio indirizzo PEC, che è obbligata ad attivare e a mantenere operativo durante tutta la propria “vita” e fino ad un anno dalla propria cancellazione dal registro delle imprese.
Solo a fronte della non utile attivazione di tale primo meccanismo, segue la notificazione presso la sede legale dell’impresa, ossia presso quell’indirizzo da comunicare obbligatoriamente al momento dell’iscrizione nel registro delle imprese, ex art. 2196 c.c., e la cui funzione è proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicità legale, che renda conoscibili (e, quindi, opponibili ai terzi) i dati concernenti l’impresa e le principali vicende che la riguardano.
In caso di esito negativo di tale duplice meccanismo di notifica, quest’ultima può infine essere eseguita mediante deposito del ricorso per la dichiarazione di fallimento presso la Casa comunale, con perfezionamento della notifica all’atto stesso del deposito. Tale modalità di notifica, ispirata ad un criterio “legale”, e non effettivo, di conoscenza, costituisce una conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore, degli obblighi pubblicitari impostigli dalla legge.
In conclusione, le esigenze di compatibilità tra il diritto di difesa dell’imprenditore (sia individuale che societario), da un lato, e gli obiettivi di speditezza e celerità ai quali deve essere improntato il procedimento concorsuale, dall’altro, giustificano che il Tribunale resti esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità, ancorché normalmente previste dalla disciplina ordinaria dell’art. 145 c.p.c., tutte le volte in cui la situazione di irreperibilità dell’imprenditore sia imputabile alla sua stessa negligenza (Cass. civ., sez. I, 07.01.2008 n. 32 e Cass. civ., sez. VI, ord., 08.02.2011 n. 3062).
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano-Roma