CTP Novara, sez. II, 13.11.2018 n. 191


PREMESSA IN FATTO e SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Con reclamo-ricorso srl ha impugnato avanti a questa Commissione un atto di contestazione dell’Agenzia Entrate D.P. di Novara, recante il n. /2017, col quale l’Agenzia le ha irrogato la sanzione pecuniaria di Euro 3.179,48 a norma dell’art. 6, comma 9-bis.3 del d.lgs. 471/97 per l’anno 2012.

Premette che il 21.2.2017 le è stato notificato accertamento Ires, Irap ed Iva a sua volta impugnato: il ricorso sarebbe pendente ed iscritto al n° 213/17 di R. G. L’accertamento ha per oggetto il disconoscimento di costi ritenuti fittizi derivanti da fatture emesse da terzi al fine, quale ritenuto dai verificatori, di abbattere l’imponibile e di coprire l’attività di lavoratori irregolari.

Successivamente il recupero I va veniva nondimeno annullato in autotutela.

MOTIVI dell ‘IMPUGNAZIONE

Parte ricorrente affida il ricorso ai seguenti motivi:

1°) apparente e/o insufficiente motivazione sotto un profluvio di rilievi vari:

violazione dell’art. 16 del d.lgs.vo 472/97 in quanto mancherebbe l’indicazione della normativa applicata, dei fatti in concreto addebitati al soggetto, degli elementi probatori e dei criteri seguiti per determinare la sanzione.

Inoltre non sarebbe stato allegato il PVC di verifica nei confronti del terzo, ossia della ditta——.

2°) difetto di motivazione per acritico richiamo dell’Agenzia al PVC senza esprimere un’autonoma valutazione; l’agenzia avrebbe riportato sinteticamente e pedissequamente il contenuto del PVC; pertanto l’accertamento sarebbe stato operato direttamente dalla Guardia di Finanza.

3°) violazione delle regole in tema di onere della prova: l’accertamento si fonderebbe soltanto su quanto indicato nel PVC il quale riferisce essere state ritenute come fittizie 4 fatture (2 del 2011 e due del 2012); tale richiamo non sarebbe però sufficiente sotto il profilo probatorio. Il PVC non avrebbe fede privilegiata se non con riguardo alla provenienza del verbale da chi lo ha redatto. Mancherebbero ulteriori necessari riscontri di fatti oggettivi o avvenuti in presenza dei militari.

Non spetterebbe alla ditta verificata provare “l’esistenza di rapporti delle prestazioni di terzi”.

Senza rinuncia al motivo e senza inversione dell’onere, produce prospetto con gli elementi utili per contrastare quanto asserito dall’Ufficio.

Contesta che la ditta non avrebbe avuto la struttura (forza lavoro specializzata in carpenteria e attrezzature) per esercitare l’attività richiesta e produce i LUL (libro unico del lavoro) Inail dei dipendenti e i DURC della consegnati prima dei lavori; lo stesso risulta aver lavorato in cantiere come muratore specializzato.

L’omessa comunicazione ex art. 99 d.lgs. 81/2008 sarebbe irrilevante rispetto all’effettiva esecuzione dei lavori.

Il dipendente sig. ——- ha dichiarato di aver lavorato per il ——– presso l’Ospedale Maggiore.

L’ Ing. , — – —- direttore lavori presso l’azienda ospedaliera della ___, ha dichiarato che non era presente nessuna richiesta di subappalto a favore dell’impresa ma che però non sono mai stati redatti verbali di rilievo delle presenze.

Sulla base di tali elementi l’Ufficio avrebbe ribaltato l’onere della prova sulla ricorrente costruendo un teorema secondo il quale essa “non poteva non sapere” quale fosse la realtà della ditta

4 °) omessa o insufficiente motivazione in relazione alle sanzioni irrogate:

premesso che la misura afflittiva presuppone il requisito della colpevolezza, deduce che l’avviso è privo di motivazione essendosi l’AGE limitata a evocare la condotta fiscale insidiosa, anche penalmente rilevante, tenuta dalla ricorrente, determinando la pena nella misura del minimo aumentato del 30%.

5°) errata determinazione della sanzione base e di conseguenza del cumulo, non essendo state dedotte quelle precedentemente irrogate per gli anni dal 2007 al 2012. L’Ufficio avrebbe dovuto applicare l’art. 12 comma 7 D.Lgs. 471/97 che prevede il confronto tra cumulo giuridico e cumulo materiale delle sanzioni relative a tutti gli anni oggetto della stessa violazione, dedotte le sanzioni applicate per gli anni con violazioni meno gravi.

L’Agenzia si è costituita chiedendo la riunione del procedimento a quello principale:

all’atto di contestazione è stato allegato uno stralcio del PVC redatto in confronto del e comunque era già allegato ai precedenti accertamenti relativi agli anni 2009-20 l 0- 2011;

invocando l’insegnamento di Cass. 7897/2016, ritiene che l’onere della prova gravi sul contribuente laddove l’Ufficio fornisca presunzioni anche semplici circa l’inesistenza dei costi;

conferma che nel PVC è stata argomentata pienamente la inconsistenza della ditta (ectoplasma) in quanto priva di strutture operative e di personale; il Pvc è anche fondato sull’assenza di comunicazioni obbligatorie all’ASL e sulle dichiarazioni di responsabili di cantieri e committenti.

L’atto riporta precisamente fatti e motivi posti a base della sanzione. In caso di dichiarazione infedele la colpevolezza è in re ipsa.

Ritiene infine che la sanzione applicata non sia cumulabile con le altre in quanto di natura diversa trattandosi di sanzione aggiuntiva prevista per il caso specifico di violazione della normativa sull’inversione contabile.

Peraltro le impugnazioni sugli altri accertamenti pendono talune in Cassazione e altra in Regionale mentre la ricorrente ha inteso accedere alla definizione agevolata delle sanzioni ex art. 17 D.lgs. 472/97.

In ogni caso si rimette al giudizio del Giudice che prenderà cognizione dell’ultimo ricorso, pur rilevando che il comma 5 dell’art. 12 del citato decreto prevede l’ applicazione di un aumento, alla pena base, dalla metà al triplo, che potrebbe risultare meno favorevole alla ricorrente (del cumulo giuridico per più anni).

Produce sentenza n. 24211/2017 con la quale questa CTP ha respinto i tre ricorsi afferenti gli anni dal 2009 al 2011.

All’udienza di discussione questa Commissione ha trattenuto in decisione il in corso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’istanza di riunione va disattesa in quanto il ricorso n° 213/17 di R.G. è già stato deciso.

Il ricorso non è fondato e va respinto.

L’eccezione che prospetta difetto di motivazione va disattesa in quanto all’avviso di accertamento n. /2017 risulta allegato (cfr. pag. 3 rigo 8) uno stralcio del PVC redatto in confronto dell’impresa in data 16.12.2014, peraltro già allegato ai precedenti accertamenti relativi agli anni 2009-2010-2011 dal quale emergeva che tale impresa aveva emesso fatture oggettivamente inesistenti nei confronti della srl; delle indagini svolte nei confronti del terzo la ricorrente era stata dunque resa pienamente edotta.

Parimenti infondata si prospetta l’eccezione di inammissibilità della costituzione dell’Ufficio posto che lo stesso ha depositato le proprie controdeduzioni in modalità telematica laddove la ricorrente aveva prescelto l’opzione cartacea. La possibilità del tutto temporanea e transitoria concessa di avviare il processo telematico con modalità cartacea non può impedire alla controparte di aderire sin d’ora al regime ordinario del telematico. Ove poi i ricorrenti lamentassero di non poter allo stato visionare il fascicolo telematico ben potranno richiedere, con l’apposita istanza di accesso agli atti, alla segreteria di stampare copia del fascicolo dell’Agenzia.

Né appare violato il principio dell’onere probatorio dei fatti rilevanti ai fini del decidere: secondo l’insegnamento della S.C. di Cassazione (ex pluribus cfr. Cass. 7897/2016) qualora l’Ufficio fornisca indizi circa l’insussistenza dei costi, l’onere della prova della loro concreta esistenza ed inerenza incombe sul contribuente anche in forza del principio di prossimità della prova: è evidente infatti che chi ha sostenuto il costo dispone materialmente della documentazione relativa ed ha pertanto l’onere, inteso anche come interesse, oltre che possibilità concreta, di produrla.

La prova di quanto asserito dall’Agenzia risiede negli accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza la quale ha raggiunto prove convincenti che la ditta del signor ___, risultato essere un evasore totale, era priva di adeguata struttura operativa e di personale dipendente in grado di compiere i lavori di che trattasi, ossia di carpenteria metallica e di natura edile, necessitando queste attività di personale capace e specializzato nonché di adeguate attrezzature (cfr. avviso citato, pag. 4);

l’unico personale a disposizione della ditta si occupava infatti dell’attività di commercio di legna da ardere.

Il Pvc è anche fondato sull’accertata assenza di comunicazioni obbligatorie all’ASL circa l’affidamento dei lavori a terzi subappaltatori, e sulle dichiarazioni rese dai responsabili dei cantieri e dai committenti.

La ricorrente ha fornito elementi di prova contraria che tuttavia non appaiono sufficienti a contrastare le argomentazioni dell’Ufficio impositore.

Il libro unico del lavoro Inail dei dipendenti riguarda personale lavorativo in genere, che potrebbe essere stato addetto alle lavorazioni semplici di cui sopra; non vi è prova pertanto che la ditta avesse alle dipendenze personale specializzato.

Le dichiarazioni dell’Ing. ——-, direttore lavori presso l’azienda ospedaliera della , il quale ha dichiarato che non era presente nessuna richiesta di subappalto a favore dell’impresa ma che però non sono mai stati redatti verbali di rilievo delle presenze, non fornisce una prova positiva della prestazione lavorativa e quindi nulla prova a favore della tesi della ricorrente.

Venendo ad esaminare la questione relativa alla motivazione ed alla misura della sanzione irrogata si osserva:

la sanzione appare adeguatamente motivata in quanto l’atto di contestazione riepiloga gli elementi posti a fondamento del provvedimento afflittivo.

Va ulteriormente rilevato che in caso di dichiarazione infedele il requisito della colpa, la quale peraltro si presume sino a prova contraria, che non è stata fornita, è connaturato alla mancanza di genuinità della dichiarazione stessa.

Quanto alla sanzione applicata giova premettere che il nuovo comma 9-bis.3 dell’art. 6 D.Lgs. 471/97 disciplina l’ipotesi in cui il reverse charge è erroneamente applicato a fronte di una fattura emessa senza IVA in quanto riferita ad un’operazione esente o non imponibile (nel caso di specie non imponibile ex art. 17 d.P.R. 633/72) o non soggetta IVA. Qualora si tratti di operazione inesistente, la sanzione oscilla fra il 5% ed il 10% dell’imponibile (con un minimo di 1.000 euro).

Trattandosi di violazione formale ha effetto l’applicabilità, nei casi di ripetute violazioni, delle disposizioni sul cumulo giuridico (art. 12 D.Lgs. n. 472/1997). La sanzione irrogata rientra nei limiti edittali previsti dalla normativa.

La ricorrente si duole, in astratto, della mancata applicazione dell’istituto della continuazione-progressione tra sanzioni già in precedenza irrogate e quella oggi in contestazione, senza peraltro proporre un diverso prospetto di calcolo.

Tuttavia a questo Giudice, dato e non concesso che sia quello a prendere cognizione dell’ultimo ricorso pendente ex multis, mancano elementi di valutazione per poter procedere alla determinazione finale della sanzione unica risultante dal cumulo giuridico, atteso che non è stato posto in condizione, attraverso la produzione di tutti gli accertamenti pregressi, di apprezzare l’entità delle singole sanzioni irrogate.

E’ inoltre plausibile, in quanto non contestato dalla ricorrente, quanto asserito dall’Ufficio, ossia che le comuni sanzioni irrogate in precedenza con gli avvisi di accertamento siano state definite in modo agevolato, sicché non sarebbe più operabile il cumulo con sanzioni già definite con dette modalità.

Né è possibile delegare l’operazione all’Agenzia delle entrate atteso che spetta alla Commissione la determinazione degli importi dovuti.

Nondimeno la contribuente potrà, se del caso, far valere l’eventuale mancata applicazione del cumulo in sede di opposizione agli atti della riscossione (cfr. CTP Milano 3317/07/17).

Le spese possono essere compensate in considerazione della complessità delle problematiche insite nella vicenda.

P.Q.M.

La Commissione respinge il ricorso.

Spese compensate.

Novara addì 16.10.2018.


 

COMMENTO

Viene respinta l’eccezione di inammissibilità della costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate, sollevata dal contribuente sul presupposto che le controdeduzioni dell’Ufficio fossero state depositate con modalità telematica, in presenza di un ricorso “cartaceo” (i.e.: analogico).

La pronuncia in commento argomenta infatti che la possibilità, del tutto temporanea e transitoria, di avviare il processo telematico con modalità cartacea (i.e.: analogica) non può impedire alla controparte di aderire sin d’ora al regime ordinario del telematico.

L’eventuale impossibilità, per il ricorrente, di visionare il fascicolo telematico avversario può essere superata mediante un’apposita istanza di accesso agli atti, rivolta alla Segreteria della Commissione Tributaria, che consenta di stampare copia del fascicolo telematico dell’Agenzia.

La decisione in commento appare coerente con il disposto dell’art. 16 D.L. 23 ottobre 2018 n. 119, convertito in Legge 17 dicembre 2018 n. 136.

Tale norma, pur rendendo obbligatorio l’utilizzo del processo tributario telematico unicamente per i giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, ha tuttavia specificato che “L’articolo 16-bis, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo vigente antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si interpreta nel senso che le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dai relativi decreti attuativi, indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall’avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche”.

La scelta di parte ricorrente di utilizzare la forma analogica del ricorso non vincola pertanto la controparte ad adottare analoga forma anche per le controdeduzioni.