Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sicilia, sez. III, 06 novembre 2024 n. 8337


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Licata ha impugnato la Sentenza 1807/2023, della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Agrigento con cui si accoglieva il ricorso avverso l’avviso di accertamento n. 2196 del 15/12/2022 (prot. 65664/2022) notificato il 26.01.2023, nel quale veniva ingiunto alla società A. I. s.r.l. il pagamento dell’imposta IMU relativa all’anno 2018 per un ammontare di € 43.561,00.

Si è costituita la società, che ha chiesto il rigetto dell’appello.

La causa è stata decisa all’udienza del 7.10.2024.

MOTIVI DELLA DECISIONE

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Il Giudice di prime cure ha accolto il ricorso ritenendo che dopo l’emanazione del decreto dirigenziale della Regione Siciliana n. 470 del 16/6/2014, con il quale è stata dichiarata la decadenza della concessione demaniale n. 370/06, sarebbe venuto meno il titolo di possessore qualificato in capo all’appellata, e, dunque, sarebbe venuto meno il presupposto dell’imposta di cui si tratta.

Effettivamente, anche con la nota del 27/3/2024 prot. 19995 della Regione Sicilia, indirizzata all’Agenzia delle Entrate di Agrigento ed alla società dante causa (I. I. Spa), viene dato mandato di procedere alla rettifica delle intestazioni catastali in favore del Demanio Marittimo Regione Siciliana con decorrenza 16/06/2014, per effetto del D.D.G. n. 470/2014 di decadenza della Società dalla Concessione Demaniale Marittima ai sensi dell’Art. 47 del Codice della Navigazione e per effetto di quanto espressamente disposto dall’art. 49 del C.N. sempre con decorrenza 16/06/2014.

Per il Comune “la Società A. I. s.r.l., pur non godendo della titolarità degli immobili, concretamente non ha cessato di disporre degli stessi, deve ritenersi quale soggetto passivo d’imposta, e, in quanto tale, tenuta al relativo pagamento”.

In realtà, in tema di IMU il venir meno della concessione demaniale fa venir meno il presupposto impositivo e libera il concessionario dal dovere contributivo, anche se il bene non sia stato restituito e l’attività risulti, di fatto, proseguita (cfr. anche CTR Lazio, sentenza 11.3.2022, n. 1122).

L’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 23 del 2011 prevede che “l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale”. Il successivo art. 9, comma 1, dispone che “Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi.

Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario”.

Il possesso richiesto dalla legge quale presupposto dell’imposta municipale deve corrispondere ad uno di tali diritti.

Occorre quindi un possesso qualificato.

Nel caso di concessione di beni demaniali il titolo che attribuisce al concessionario la qualifica di possessore qualificato è l’atto di concessione, venuto meno il quale viene meno anche il possesso qualificato.

Si verifica cioè un’ipotesi simile a quella che ricorre nella cessazione degli effetti del contratto di leasing immobiliare, posto che il venir meno del contratto di “leasing” fa venire meno anche la legittima posizione di detentore qualificato in capo all’utilizzatore ancora nel possesso del bene. Con la risoluzione del contratto di “leasing”, infatti, ai fini tributari, non sopravvive alcun effetto contrattuale, in quanto la causa del finanziamento viene meno, non vi è possibilità di riscatto e soprattutto la mera detenzione senza titolo risulta priva di effetti ai fini tributari” (Cass. civ., Sez. V Ord., 22 luglio 2021, n. 20977).

Qualora il contratto di leasing sia risolto il locatore ritorna ad essere soggetto passivo, anche se l’immobile non sia stato restituito” (Cass. civ. Sez. V, 9 ottobre 2019, n. 25249). La circostanza rappresentata dal Comune della perdurante ed abusiva detenzione del bene da parte dell’ex concessionario non può assumere rilievo ai fini tributari (ma solo, eventualmente e potenzialmente, a fini restitutori e risarcitori).

In conclusione, l’appello va rigettato.

L’assoluta particolarità della fattispecie esaminata in fatto e in diritto, non particolarmente esplorata nella giurisprudenza tributaria, porta alla compensazione anche delle spese della fase di appello, spese correttamente compensate dal giudice di prime cure.

P.Q.M.

La Corte rigetta l’appello, conferma la sentenza impugnata e compensa le spese di lite

Palermo, 7 ottobre 2024


COMMENTO REDAZIONALE- La vicenda in esame trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento IMU da parte di una società nei confronti della quale era precedentemente stata revocata la concessione demaniale sul bene oggetto di imposizione.

Il ricorso veniva accolto in primo grado ed il Comune di Agrigento, quale Ente impositore, proponeva appello contro tale statuizione.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia respinge il gravame, in quanto la revoca della concessione demaniale ha provocato la perdita del possesso qualificato sul bene oggetto di imposizione, da parte della società ex concessionaria.

Resta irrilevante la circostanza che quest’ultima non abbia ancora provveduto alla restituzione del bene, potendo ciò rilevare solo a fini civilistici e risarcitori, ma non a fini tributari.

La situazione viene assimilata a quella che si verifica con la cessazione degli effetti del contratto di leasing: anche in questo caso, secondo l’orientamento giurisprudenziale dominante (ex multis, Cass. civ., sez. V, ord., 22 luglio 2021 n. 20977; Cass. civ., sez. V, ord., 27 aprile 2022 n. 13120; Cass. civ., sez. V, ord. 08 marzo 2023 n. 6884; Cass. civ., sez. V, ord. 07 marzo 2024 n. 6232), il soggetto passivo IMU torna ad essere il proprietario, a prescindere dalla circostanza che l’utilizzatore abbia effettivamente provveduto alla restituzione del bene, in quanto ad assumere rilievo a fini IMU non è la detenzione materiale della res, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata, conferendo la titolarità di diritti opponibili erga omnes.

L’appello del Comune di Agrigento viene quindi respinto, con conseguente conferma della statuizione di primo grado; la particolarità della materia trattata, non particolarmente “esplorata” dalla giurisprudenza, giustifica tuttavia la compensazione delle spese di lite anche per il grado di appello, così come già disposto per il primo grado.